La parola “cura” in latino ha un duplice significato. Non è un caso che voglia dire da un lato “cura, amore” e dall’altro “pena, affanno”. È quanto si è evinto da una vicissitudine accaduta pochi giorni fa a Barletta, quando il pastello di Giuseppe De Nittis, realizzato dall’artista locale Borgiac (al secolo Giacomo Borraccino) è stato vituperato da un ignoto, un anonimo che probabilmente millantava riguardo verso i monili della città di Eraclio e che invece ha assolto solo al secondo valore semantico del termine.

Durante la prima fase di pandemia, Borgiac aveva raffigurato in via Sant’Andrea un autoritratto del celebre pittore impressionista munito di mascherina: ancora una volta si era servito dei pennelli come incisivo volano di comunicazione, con l’intento di esortare la cittadinanza alla cautela e al senso civico utilizzando i dispositivi di protezione. Ad oggi la mascherina di Giuseppe De Nittis non è più la culla della prudenza ma di un insulto, probabilmente catarifrangente del suo stesso autore.

Una nuova battuta d’arresto per la città, che avrebbe svariate potenzialità per essere considerata la patria della Disfida, dell’impressionismo, dell’imponente castello federiciano, delle litoranee baluginanti e invece non fa che restare una cloaca.

Eppure Giacomo Borraccino non si arrende, difendendo ancora una volta il potere taumaturgico della street art: «L’esperienza mi suggerisce che la risposta migliore per questi atti incivili è continuare a testimoniare l’amore per la bellezza, individualmente, ognuno per quello che sa fare. Bisogna curare quello che ci circonda e che gli altri ci hanno lasciato prima di noi. La parola “cura” secondo me comprende assai la bellezza, perché è una faccia dell’amore. Questo non vuol dire che si perdona la maleducazione e i suoi delegati: se paghi una multa di tasca tua perché hai trasgredito un divieto la prossima volta cerchi di non farlo più. Per cui rinnovo a tutti l’invito a testimoniare con la bellezza».

 

A cura di Carol Serafino