Il dovere di ricordare, il dovere di proteggere la memoria e un evento che, nella sua drammaticità, ha cementificato l’identità antifascista barlettana del dopoguerra. 79 anni dall’eccidio di Barletta, il cruento attentato compiuto dalle truppe tedesche della Wehrmacht il 12 settembre del 1943, coinciso con la fucilazione di dieci vigili urbani e di due netturbini. La strage compiuta nella ”Città della Disfida”, una delle prime in ordine cronologico in Italia dopo la firma dell’armistizio, si inserisce nel contesto della Resistenza meridionale, fenomeno spontaneo e patriottico, troppo spesso dimenticato per un’accezione negativa che ha caratterizzato il Meridione nella Seconda Guerra Mondiale fino a pochi anni fa.  La componente che ha prevalso a Barletta, in quelli che sono stati i giorni più bui della storia d’Italia, è stata quella dell’eroismo. L’eroismo del colonnello Grasso, capace di organizzare la forte ”risposta” locale ai barbari attacchi tedeschi, del giovanissimo Tonino Lorusso, dei militari italiani di presidio a Barletta, della popolazione e di due coraggiose donne di cui parleremo in questo articolo: Addolorata Sardella e Lucia Corposanto.

12 settembre 1943. Barletta, nonostante la stoica opposizione dei militari presenti, era ormai in preda ai nazisti. In preda al terrore per una possibile rappresaglia nel Rifugio 1 di Piazza Conteduca, la signora Addolorata Sardella, con sua suocera e sua cognata, si avviò verso casa della madre. L’abitazione era sita proprio vicino alla caserma dei vigili urbani e alla palazzina della Posta dove poi avvenne il terribile delitto. Dopo il boato dello sparo, Addolorata vide un mucchio di cadaveri: erano i 13 che i tedeschi avevano mitragliato e abbandonato sul marciapiede. Addolorata era ormai al sicuro, ma ebbe il coraggio, nella piazza vuota, di avvicinarsi al mucchio informe dei cadaveri abbandonati. Fu in questo momento che avvenne qualcosa di inimmaginabile: una mano agitata debolmente e un capo faticosamente sollevato. “Me ne scappai-racconta Addolorata nella sua relazione riportata nel libro scritto da Don Peppuccio D’Amato, “L’occupazione tedesca a Barletta”-ma non per la paura; in quei momenti non hai più paura, anche se il cuore sembra una mitragliatrice. Andai in cerca di aiuto. Non sapevo chi fosse quell’uomo, ma lo puoi lasciare morire così, un cristiano? Anche se ne hai visti morire tanti, anche se ti sembra che i morti siano tutti uguali, non puoi lasciare morire così un cristiano!”

La signora Sardella corse, bussò ai portoni, implorò aiuto, ma non riuscì a trovare
rinforzi: i visi delle persone si nascondevano i silenzi diventavano sempre più assordanti. Dopo esser tornata sul luogo, le si affiancò una donna: Lucia Corposanto, residente in una via limitrofa, via Giuseppe De Nittis. Le due donne, unite da un’encomiabile forza d’animo e di coraggio, si avvicinarono ai mitragliati e, pian piano, riuscirono a tirare fuori, dal groviglio dei cadaveri, il semivivo, Francesco Paolo Falconetti, irriconoscibile per le ferite e ricoperto dalla calcina. Poggiandolo sulle loro spalle, lo trascinarono a stento e lo medicarono nei pressi di un cortile vicino. Fu poi successivamente condotto presso l’Ospedale Civile e riuscì, nel giro di qualche settimana a riprendere conoscenza. Per la forte emozione, Addolorata si ammalò per circa quindici giorni, ma successivamente ebbe modo prima di incontrare presso l’Ospedale Civile, il vigile Falconetti e poi di prender parte alla messa nella Cattedrale da lui ufficiata in ringraziamento.

Non fu invece presente, Lucia per motivi famigliari. Dopo la guerra, Addolorata e Lucia non scrissero memorie: a raccontare, per la prima volta, di loro è stato il cappellano Don Peppuccio D’Amato. Addolorata Sardella e Lucia Corposanto sono state insignite successivamente della Medaglia di Bronzo al valor civile: la loro è una storia di due donne, ma anche di quelli che non conobbero il calcolo meschino e l’opportunismo, che scelsero la strada giusta, che ebbero paura, ma seppero vincere. Riassumendo, è la storia di tutti coloro che si immolarono nella difesa di Barletta, tradita da chi non esitò a mettersi il salvo, sacrificando civili e soldati abbandonati a loro stessi. Da quegli uomini innocenti che decisero di mettere a repentaglio la loro vita, resta un insegnamento: lottare per garantire e difendere i diritti e la libertà di tutti, anche quando tutto sembra perduto. Una prova di eroismo che è valsa a Barletta la Medaglia d’Oro al Valor Militare nel 1998 e la Medaglia al Valor Civile nel 2002: unico riconoscimento per una città che ha visto nascere, proprio in quei giorni, i valori dell’Italia repubblicana.

A cura di Giacomo Colaprice