Una storia a lieto fine quella del Vallone Tittadegna di Barletta, zona in cui vengono conglobate le acque piovane. Una di quelle in cui gli intermezzi poco felici hanno veicolato la via per il trionfo, anche se non privo di difficoltà, creando una suspense che adesso sembra quasi estranea, lontana nel tempo.
Ad ottobre dell’anno scorso il sub ambientalista barlettano Antonio Binetti aveva deciso di darsi allo sciopero della fame in nome di una protesta silenziosa, volta a spronare le istituzioni e gli organi di competenza a ripulire l’area, da tempo negletta e vittima di incuria.
Il 22 gennaio del 2023 è poi impazzata attraverso vari canali d’informazione la notizia: il canalone era stato finalmente ripulito, niente più plastica, niente più liquami e materiali come amianto, fitofarmaci e altro pattume. Un traguardo al sapore di sollievo per il fiume Ofanto, esentato dal rischio di essere intaccato, così come un traguardo è stato per Barletta, che sa riemergere dalle proprie ceneri quando lo vuole.
Tuttavia non si sono fermate a quel giorno le liete novelle. Lunedì 27 marzo, con una nota regionale ufficiale, la Regione Puglia ha comunicato lo stanziamento di 45mila euro destinati al comune di Barletta per ripulire il Vallone Tittadegna: 25mila “a titolo di contributo straordinario per le attività di pulizia e manutenzione già eseguite”, altri 20mila “per le attività di pulizia e manutenzione relative all’annualità 2023”.
Un traguardo, un ottimo risultato ottenuto, come ha dichiarato Binetti: «Un proverbio latino afferma che la goccia con il tempo riesce ad avere la meglio sulla roccia, con la pazienza e la perseveranza si può ottenere qualunque risultato. Ognuno di noi è chiamato ad agire e può fare la differenza».
Una differenza che però deve partire dal basso, dall’impercettibile, dal metodico, dal quotidiano, senza ricorrere a gesti estremi.
«È opportuno – ha proseguito Binetti – che adesso chi di competenza controlli questa situazione, che non deve più accadere. Bisogna videosorvegliare il controllo della zona. Non bisogna arrivare ad uno sciopero della fame per risolvere una tematica ambientale».
A cura di Carol Serafino