Una mafia autoctona, frammentata e costituita da tanti clan. Così viene definita la criminalità organizzata nella BAT nella tradizionale relazione del ministero dell’Interno al Parlamento sull’attività e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel primo semestre del 2022. Una malavita, quella nella sesta provincia pugliese che si ispira a modelli delinquenziali più evoluti e prova a condizionare la pubblica amministrazione ma anche ad infiltrarsi nell’economia legale. Al pari della delinquenza foggiana e barese, quella della provincia BAT è connotata da una spiccata professionalità nella pianificazione delle azioni criminali e nella gestione delle proprie risorse illecite. «Le attività economiche nel settore sia del turismo e della ristorazione – si legge nella relazione – prevalenti lungo la litoranea Margherita di Savoia-Barletta-Trani-Bisceglie, sia del comparto agricolo nell’entroterra provinciale potrebbero costituire oggetto di interesse della locale criminalità organizzata. Un allarme già rilanciato più volte ed a cui si aggiunge il quadro complessivo dei gruppi criminali che si muovono in un territorio di confine tra il barese ed il foggiano.

L’allerta resta molto alto nel contesto territoriale ofantino ed in particolare a Trinitapoli dove si è sviluppata una sanguinosa faida tra i De Rosa – Miccoli – Buonarota ed il Carbone – Gallone quest’ultimi vicini alla batteria foggiana dei Moretti – Pellegrino – Lanza. A Barletta, invece, l’azione repressiva della magistratura avrebbe ridimensionato il clan Cannito – Lattanzio e «non emergerebbero, allo stato – si legge – segnali di ripresa riferibili alle rilevanti attività criminali» anche se in città opererebbero 4 gruppi malavitosi. Nella vicina Andria non si segnala «l’operatività del gruppo Griner – Capogna e del clan Lapenna» secondo la relazione ministeriale anche se continua a registrarsi «la presenza di elementi di spicco dell’ex clan Pastore – Campanale e l’attività del sodalizio Pistillo – Pesce contiguo agli Strisciuglio di Bari». Importante anche il rapporto tra la criminalità andriese e la malavita cerignolana specialmente per i reati predatori nonché con quella garganica per gli stupefacenti. A Trani sembrano ormai disarticolati i gruppi Corda – Lomolino e Colangelo anche se in città alcune indagini dei carabinieri hanno fatto emergere l’operatività «latente dello storico clan Annacondia e l’ormai conclamata presenza nel territorio del gruppo Fiore – Risoli una compagine satellite del clan Parisi di Bari. Sono emerse invece a San Ferdinando manovre di riorganizzazione societaria dopo un’operazione della Guardia di Finanza nei confronti del sodalizio Visaggio. Nel complesso comunque una criminalità viva e che cerca di riorganizzarsi con una propensione comune in tutta la Puglia e cioè quella affaristica.

Nel foggiano, per esempio, «il business dell’agroalimentare rappresenta per la criminalità organizzata un efficace strumento per la sua affermazione nel territorio interferendo così nel mercato immobiliare dei terreni agricoli e nella commercializzazione degli alimenti con il controllo delle catene di supermercati e il condizionamento del prezzo dei raccolti, nonché nella gestione dei trasporti e dello smistamento delle produzioni”.

Il fiuto per gli affari, spiegano nella relazione dalla DIA, orienta le attività criminali delle mafie pugliesi «anche in direzione di altre forme di guadagno quali il contrabbando di sigarette, la gestione del gioco e delle scommesse on-line, non tralasciando gli appetibili settori della gestione dei rifiuti e del turismo».