Nel salone del circolo Unione di Barletta il secondo appuntamento letterario della rassegna culturale “Storie, libri e cucina” ha avuto come protagonista Valerio Nicolosi, giornalista, documentarista e reporter che in una conversazione con la giornalista de “La Gazzetta del Mezzogiorno” Graziana Capurso, ha presentato il suo ultimo libro “Il gioco sporco. L’uso dei migranti come arma impropria”. Il suo racconto insegna che c’è sempre un luogo dove una crisi umanitaria si sta consumando, un luogo “dove bisogna stare” perché le violazioni dei diritti umani sono costanti. Valerio Nicolosi dove stare l’ha deciso ormai da anni. È stato infatti il primo a fare una scelta molto coraggiosa: arrivare in Ucraina per descriverne la tragedia, atterrando a Kiev un giorno prima dell’attacco russo che ha aperto la guerra. Da quel momento ha così raccontato il dramma ucraino e la conseguente rotta migratoria verso la Polonia e L’Europa. Un esodo sostenuto da numerosi cittadini ed associazioni, ma che nello stesso tempo nasconde lo stesso “gioco sporco” attuato dai governi che l’autore ha riscontrato, tramite un’impavida esperienza diretta, anche nel fenomeno migratorio riguardante i Balcani e il Mediterraneo. Si tratta di persone che scappano dall’inferno in cerca di un futuro migliore, ma che si ritrovano poi in paesi dove primeggiano odio xenofobo e la “caccia al migrante”. Un’opera, quella di Nicolosi, che attraverso l’inchiesta giornalistica, racconti e foto, pone i riflettori sui veri sporchi coinvolgimenti dei governi che controllano aperture e chiusure delle frontiere. Coinvolgimenti spesso ignoti ad alcuni italiani che, per ignoranza o passività, si limitano ad una conoscenza basata sulle sommarie notizie lasciate passare in tv o sull’approvazione del politico di turno che di migrazione ne vive e ne sa ben poco. Il libro di Valerio invece, narra storie silenti, dimenticate e che potrebbero far aprire realmente gli occhi a questa nazione, facendola sentire “un po’ colpevole”, come afferma di essersi percepita la giornalista Graziana Capurso dopo aver letto queste storie. “Questo libro è quasi più attuale oggi che nel momento in cui è uscito -asserisce il reporter Nicolosi- La questione migranti continua infatti ad essere ogni giorno sempre più attuale. È un’emergenza che distrae perché polarizza il dibattito e lo politicizza tantissimo. Quello che ho voluto fare con questo libro è proprio questo: depoliticizzare il tema, raccontando la reale storia di queste persone.” Secondo il giornalista dunque, l’odio italiano nei confronti dei migranti non deriverebbe da una forma di egoismo, ma piuttosto da un popolo stanco di un tipo di racconto distorto che è stato nel tempo costruito su questo fenomeno. Una chiave di interpretazione centrale nel libro per la comprensione di questa così odierna criticità è il cosiddetto “game”, come lo definisce il regista Nicolosi. Parliamo del tentativo di passaggio, della durata di 15 giorni, delle frontiere dal nord-ovest della Bosnia per arrivare a Trieste. Un viaggio difficilissimo e dettato dalla paura, a causa della polizia croata che cerca in ogni modo, tramite un’azione fortemente violenta, di disincentivarlo. Per violenza si intende l’intercettazione delle persone per poterle fermare, picchiare, rasare i capelli disegnando una croce sulla testa con la vernice, privarle dei telefoni, dei vestiti ma soprattutto della dignità. Sono “ossa rotte” -afferma il giornalista- “sono ragazzi che si arrendono e preferiscono tornare a casa. Per non parlare dei traumi psicologici e psichiatrici che stiamo alimentando e di cui prima o poi dovremo farci carico”. La moderatrice Graziana Capurso, lasciando aperta la riflessione degli ascoltatori, conclude la soirée con la lettura di una frase, tratta dal “gioco sporco”, che descrive bene l’Italia facendo perfettamente il quadro dell’attuale situazione: “l’Italia è un paese che respinge e allontana. È convinto di essere autosufficiente e invece sta affondando come il Titanic, mentre l’orchestra suona.” Il ritratto, abbastanza chiaro, è quello di una nazione in denatalità, un paese con il settore agricolo e non solo senza lavoratori, ma che si ostina a chiudere le frontiere.

A cura di Francesca Caputo