Luoghi che schiudono le proprie porte, svelando meraviglie imperscrutabili che non ci si aspetterebbe: è quanto successo ieri 23 maggio presso la Villa Bonelli, il polmone verde del quartiere Borgovilla a Barletta.

Luogo iconico della Città di Eraclio, attualmente è al centro delle notizie del momento: l’ex dimora nobiliare della famiglia Bonelli, monile risalente ad un periodo a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, sarà candidata con ogni auspicio al censimento dei Luoghi del Cuore, progetto nazionale indetto dal FAI e da Banca Intesa.

Nella giornata di ieri la Delegazione FAI Barletta-Andria-Trani, guidata dal Delegato Michele Cuonzo, ha svolto un sopralluogo esplicativo all’interno dell’elegante residenza, di solito visibile solo in esterna.

Non la prima mobilitazione a favore dell’area, oggetto di iniziative precedenti: abbiamo già ricordato il progetto fotografico con intenti di riqualificazione di Laboratorio di Immaginazione Urbana, Free Walking Tour e Arci Cafiero, così come la battaglia di Italia Nostra per il conferimento di un ingente finanziamento del PNRR da parte del Ministero della Cultura, ottenuto con grande soddisfazione.

La candidatura ai Luoghi del Cuore potrebbe essere però un’ulteriore e decisiva possibilità per riportare in auge un luogo che, se potenziato, avrebbe la capacità di rappresentare un punto di riferimento cittadino, un’oasi suburbana di pace e soprattutto un punto nevralgico di arte, storia e cultura di inestimabile valore.

Gli interni di Villa Bonelli suscitano stupore: nonostante gli anni trascorsi e soprattutto l’abusivismo che impazzava nelle sue stanze fino a qualche tempo fa, di cui ancora si ravvisano segni tangibili (la presenza di sanitari interpolati successivamente, ad esempio, così come alcuni smalti presenti sulle pareti che hanno purtroppo intaccato alcuni degli affreschi preesistenti), sembra una dimora nobiliare appena dischiusa.

Inizialmente chiamato Torre Palica (di proprietà della famiglia Palica) e solo successivamente Villa Bonelli, in seguito all’acquisto di Raffaele Bonelli alla fine del Settecento, il luogo conserva ancora vestigia che vale la pena recuperare.

Al di là di alcune pareti desquamate e di un’oggettiva incuria presente, il gusto neoclassico del nucleo abitativo è rimasto intatto: la zona del sacellum (chiesetta isolata), purtroppo murata dall’esterno, custodisce ancora un prezioso altare marmoreo ornamentato da temi floreali e vegetali e suggellato da due putti capoaltare. La stanza è sormontata da un’imponente volta a crociera, decorata con croci trilobate all’interno delle vele.

Diverse le scalinate presenti (incredibilmente non pericolanti nonostante l’usura del tempo), che conducono il visitatore nei vari ambienti della casa, vuoti ma che quasi riecheggiano la destinazione d’uso di allora.

Sicuramente la punta di diamante della villa è il ‘salone delle feste’ sito all’ultimo piano, una maestosa area con il potere ammaliatore di confondere: siamo a Barletta o siamo a Pompei?

Non un riferimento casuale: le pareti del salotto sono finemente decorate da pitture parietali che rammentano proprio primo e secondo stile pompeiano, con abbondanza di elementi vegetali, figure muliebri eteree e sensuali, sagome di animali e volti mefistofelici.

Ipoteticamente sarebbe stato realizzato un disegno preparatorio realizzato a matita direttamente sul muro, dopodiché le pitture potrebbero essere state fissate successivamente.

I soffitti delle camere attigue sono adornati invece da pitture realizzate direttamente sull’intonaco, stando ad una prima osservazione dei calcinacci per terra, motivo che spiegherebbe la loro improbabile resistenza all’umidità infiltrata.

Dai colori tenui, cromia di temi ancora una volta floreali o legati al culto femmineo, è communis opinio credere che i dipinti siano stati realizzati da Geremia Discanno, pittore barlettano di metà Ottocento.

Secondo un percorso a circuito inverso, scendendo e poi risalendo da una scala adiacente, si staglia imperante il terrazzo: una vista sul boschetto, sulla serra e sui giardini (già presenti negli anni Venti).

Alle sue spalle l’antica stalla, separata dall’ambiente circostante da un cancello in ferro battuto.

Un luogo che ha resistito al logoramento del tempo, al degrado, al maltrattamento, mostrandosi all’occhio del visitatore al meglio delle sue possibilità, ma che potrebbe tornare a splendere, ad impregnarsi di vita vissuta, diventando un polo attrattivo di attività culturali e turismo, oltre che parte integrante del costume cittadino.

Il bando lanciato dal FAI è rivolto a tutti i luoghi che riceveranno almeno 2500 voti: non aspettate.

Qui la galleria fotografica:

A cura di Carol Serafino