“Non intendo alimentare il “focus” delle recenti polemiche sulla organizzazione della Disfida 2024 – questo l’intervento dello storico archivista Michele Grimaldi – la sua rievocazione e su tutto quanto detto relativamente ai tempi limitati in cui è stata allestita e le modeste risorse impiegate a dispetto delle mirabolanti promesse fatte lo scorso anno da importanti figure istituzionali quali vice ministri, presidenti di commissioni parlamentari, consiglieri regionali, ecc. Sarà un caso ma, da un po’ di anni a questa parte (una ventina più o meno) ogni qual volta si parla di rievocazione della Disfida, si scatena una serie di polemiche, accuse, contro accuse e così via sino all’infinito.
Ogni anno tutti (o quasi) si attenderebbero che, quando c’è la celebrazione della Disfida, chi ci amministra incarichi storici, scenografi e registi ad intrattenerci, in particolare, sul Fatto d’Arme ed Ettore Fieramosca e non sulle loro “tracce”, cioè sulle lontane propaggini o “racconti” riferiti a quei tempi. Invece spesso il richiamo storico è stato indirizzato a temi e soluzioni scenografiche che con la Disfida hanno avuto poco a che vedere. Proprio per non sorvolare e a conferma di quanto vado dicendo, desidererei invitarvi a valutare e riflettere sul programma “culturale” della Disfida di qualche anno fa elencandovi i titoli delle iniziative allora svolte: Il Gran Capitano e il mistero della Madonna nera; La rottamazione degli eroi: i grandi personaggi della storia; Belisario alla guerra d’Italia: la Disfida nella Barletta del Cinquecento.
Tutto interessantissimo (poi, per chi, qualcuno lo spiegherà!) ma, la “Storia” di Ettore Fieramosca che a colpi di ascia abbatte La Motte (monumento dello Stocchi) perché spesso viene nascosta? E spiegatemi poi perché nel 2021 “Barletta Disfida opera viva”, praticamente una interpretazione in chiave teatrale e musicale dell’evento, ricevette una tiepida quanto scettica risposta mentre il classico che più classico non si può, Certame dello scorso anno ha fatto il boom? Forse in pochi riescono a comprendere che l’approccio alla storia riferita alla propria Città, dopo e solo dopo l’effetto emotivo di conoscere chi erano e che cosa hanno fatto i propri eroi, dovrebbe produrre una voglia di conoscenza meno superficiale che passa necessariamente, questa sì, attraverso l’avvicinarsi in maniera sempre più “sfacciata” ai libri di storia locale i quali, per fortuna, nella nostra Città non mancano ma che purtroppo non sono corredo irrinunciabile delle biblioteche presenti in ogni ordine e grado di Istituti scolastici. Tra coloro che avevano compreso questo semplice escamotage c’erano, nel settembre del 1965, Don Peppuccio Damato e il Cav. Cosimo Damiano Daddato i quali prima dettero vita al “Comitato religioso Madonna della Disfida” e poi si inventarono, letteralmente, la rievocazione e il 1967 la riproposizione del certame cavalleresco svoltosi 450 anni prima, “costringendo” l’Amministrazione Comunale dell’epoca (Vittorio Grimaldi Assessore allo Sport, Turismo e Spettacolo) a finanziare, in maniera decisiva, l’iniziativa proposta. Ovviamente i fondi a disposizione, come oggi, non erano tantissimi e i pratici organizzatori si guardarono bene dall’assoldare (parlando di mercenari) Gino Cervi ed Elisa Cegani per interpretare Ettore Fieramosca e Ginevra, ma optarono per le più economiche comparse di Cinecittà con lo stuolo di figuranti barlettani. Naturalmente, questo ripasso storico, non vuole essere un assegnare meriti o medaglie a qualcuno, bensì far comprendere come in tante occasioni gli amministratori comunali, così spesso denigrati se non peggio, assumono decisioni e appoggiano iniziative che, nel tempo, diventano dei veri e propri capisaldi per la storia di una Città.
L’altra ovvia considerazione è che l’attenzione di tutti alla storia sociale e locale, in primis scuola ed ente Comune, dovrebbe avere, come orizzonte più ristretto ma più significativo, una storia focalizzata non tanto e comunque non soltanto, sulla narrazione o sulla descrizione di eventi epocali isolati nel tempo e nello spazio, quanto piuttosto sulla conoscenza delle vicissitudini dei nostri antenati e sulla fitta trama delle loro azioni, precisando i comportamenti dei “nonni” per chiarirne le azioni, gli intendimenti, le convinzioni e gli effetti trasmessi, nel tempo, fino a noi in modo da chiarirne le differenze ed analogie, vicinanze e distanze rispetto all’oggi. E dunque, è un processo che sollecita una presa di responsabilità, che richiede un’attenzione speciale a chi ha cuore ed intelligenza per la propria comunità locale, a chi ha interesse al suo sviluppo, a chi è preoccupato per il suo futuro. La considerazione finale che scaturisce dagli avvenimenti vecchi e soprattutto nuovi, riguardanti la Disfida, lascia alquanto perplessi perché la china intrapresa è alquanto oscura e popolata da figure che non lasciano alcunché di buono da sperare. Ed a proposito di futuro… che fine ha fatto la Fondazione “Disfida di Barletta” e i locali sulla Cantina della Sfida che la dovevano ospitare? Manzoni avrebbe detto “ai posteri l’ardua sentenza”.