Dietro un ragazzo come molti altri, tranquillo, modesto e soprattutto schivo a parlar di sé, scopriamo un carattere molto forte, severo con se stesso, assolutamente grintoso e rigoroso. Quel rigore necessario nell’arte che l’ha accolto a braccia aperte, la danza, e che lui ha reso senso della sua vita, eccellendo ai massimi livelli. Incontriamo, in una delle sue rare permanenze nella città di origine, Daniele Delvecchio che con i suoi 23 anni ha già intrapreso la carriera da professionista nella danza all’interno della compagnia “Les Ballets” di Montecarlo, una delle massime esperienze artistiche per la danza in Europa. E apprendiamo che nel 2016 è stato scelto per interpretare il ruolo principale nell’opera “L’enfant et les sortileges”, del coreografo di Jeroen Verbruggen, dove la sua esecuzione viene riconosciuta come la migliore ed eccellente interpretazione fisica ed espressiva da diversi giornalisti e critici del mondo della danza, ottenendo, lo scorso fine luglio, il titolo di Solista nella compagnia, che ha addirittura realizzato un timbro postale con la silhouette di Daniele, per pubblicizzare lo spettacolo. Parliamo, dunque, di livelli altissimi raggiunti nel proprio ambito che oggi si trasformano in grandi soddisfazioni personali, e anche della sua famiglia che tanto l’ha incoraggiato ad intraprendere un percorso nato così, quasi per caso. «Istinto artistico puro», lo definisce chi lo conosce bene, raccontandoci anche di Daniele pianista, come se non bastasse.

IMG_20160829_175119«Per me la danza è un mondo parallelo. Nel mondo irreale dell’arte puoi davvero mostrare te stesso al cento per cento, a differenza della realtà quotidiana che porta a rapporti più superficiali tra gli individui: è come essere liberi di mostrarsi, liberi da una maschera. Ad esempio nel mio ultimo lavoro “l’enfant” necessitava di un coach, una sorta di motivatore psicologico, che mi ha aiutato a tirar fuori la rabbia, che non sapevo neppure di avere, per meglio interpretare il personaggio». Daniele nato a Barletta nel 1992, inizia i suoi studi di danza all’età di nove anni presso la scuola barlettana “Dance e fitness studio”, con la direzione di Michela Borelli; dopo pochi mesi il coreografo barlettano Mauro Decandia, che letteralmente lo scopre, accorgendosi del talento del giovane lo introduce all’Accademia Grace di Montecarlo, dove studia ogni estate grazie a delle borse di studio avendo la possibilità di superare i primi esami come “allievo a distanza”, in accordo con la stessa direttrice della Scuola, Marika Besobrasova.  Contemporaneamente, prosegue gli studi per la danza presso la scuola di Barletta “Invito alla danza” con la direzione di Rosellina Goffredo. A soli quattordici anni si trasferisce definitivamente a Montecarlo, dove, poco dopo, il nuovo direttore non ritiene che Daniele debba ancora proseguire negli studi, essendo già pronto per la carriera professionale. «L’esperienza nella Compagnia mi offre la possibilità di viaggiare in tutto il mondo: ci siamo esibiti in Cina, Giappone, Brasile, Cuba. Ho la possibilità di lavorare, oltre che con il nostro coreografo, anche con altri di compagnie internazionali, cosa che ti fa crescere incredibilmente dal punto di vista professionale».

14102053_10208904576283117_483346662_n (1)Qual è il tuo stile di danza?

«Il mio stile fa parte della danza contemporanea, con una serie di movimenti piuttosto acrobatici, ma certamente posso dire che il mio stile preferito non è la danza classica, che tuttavia più volte mi hanno proposto e spinto a praticare. La compagnia per cui lavoro è composta da oltre 50 persone, tutte diverse tra loro, con diversi stili di danza da cui si può soltanto attingere, offrendo così anche più possibilità ad un potenziale coreografo -tutti nomi di altissimo livello che hanno contribuito a scrivere la storia della danza- di poter attingere a diverse personalità artistiche».

Cosa c’è nel futuro prossimo e a più lunga durata per Daniele nel mondo della danza?

«Sicuramente c’è ancora strada da percorrere: non è che oggi sono diventato solista e quindi mi sento arrivato. Anzi, di polvere da respirare ed esperienze da cui assorbire sempre ce ne sono ancora molte. Bisogna sempre guardare in alto, magari non ci si arriva, ma la determinazione deve spingerti a migliorare. Molti sono i ballerini che non reggono i ritmi pesantissimi dell’Accademia e lasciano dopo qualche anno. La fermezza di carattere e la convinzione sono fondamentali. Oggi la vita in Compagnia mette più di fronte alle tue concrete responsabilità che ti trovi a dover affrontare da solo rispetto al passato: serve maggiore concentrazione; bisogna saper ascoltare il proprio corpo e gestirlo per proseguire per questa strada. In seguito mi piacerebbe restare in questo campo, magari come insegnante o di un’Accademia o di una mia scuola per trasmettere ad altri quello che ho imparato in questi anni, magari anche all’estero dove ho più contatti. Anche se, anche per il mio perfezionismo, mi dicono che potrei provare con la carriera di Assistente, ruolo davvero complesso, all’interno di una Compagnia».

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