Il confronto politico chiaro, diretto e pacifico è lo strumento più democratico e proficuo per rendere i cittadini consapevoli e corresponsabili delle scelte, soprattutto di quelle proposte da un referendum e che dunque riguardano più da vicino noi tutti. Questo il senso della serie di dibattiti organizzati dal Comitato “Basta un Sì per cambiare” di Barletta, per poter far comprendere meglio i contenuti della riforma costituzionale Boschi-Renzi, già approvata da una legge dalla maggioranza parlamentare, che chiede conferma riguardo cambiamenti di natura istituzionale riguardanti l’organismo dello Stato italiano. Il referendum che si svolgerà il prossimo 4 dicembre, vista la sua natura costituzionale, non richiede il raggiungimento di un quorum ma, per decidere, basterà la maggioranza di chi esprimerà il proprio parere nelle urne.

14689730_10209462579414824_2019613981_oIeri pomeriggio, presso la sala Consiliare del teatro Curci di Barletta, si è svolto il primo di questi dibattiti fra l’on. Benedetto Fucci (Conservatori e Riformisti) per il fronte del No, e l’on. Federico Massa (Partito Democratico) sostenitore del Sì. L’incontro è stato introdotto dall’intervento di Giuliana Damato, consigliere comunale PD ed esponente del comitato organizzatore, e moderato attraverso le domande di Stefano Chiariello, già segretario cittadino del PD. Gli argomenti trattati durante il confronto sono stati diversi, entrando nel merito dei tanti aspetti che la riforma propone. Chiaro è stato l’allontanamento dei timori di una deriva autoritaria, o addirittura dittatura come sostiene qualcuno, in caso in cui il processo di cambiamento si realizzi con questo disegno; Fucci vede le conseguenze più che altro simili a un premierato che sicuramente va ad accentrare i poteri nelle mani di chi guida il Governo, non dimenticando però di superare un ulteriore luogo comune scaturito da questa lotta referendaria, ricordando che anche i sostenitori del No vogliono il cambiamento, soltanto realizzato con modalità differenti da questa legge ritenuta non all’altezza. L’idea della partecipazione popolare, che tale riforma evidenzierebbe con l’introduzione del referendum propositivo, che comunque richiede un’altra legge di natura costituzionale da approvare successivamente, è stato contrastato da Fucci parlando della legge elettorale detta Italicum che ridurrebbe la rappresentanza popolare alla Camera attraverso una riduzione minima di parlamentari eletti direttamente dal popolo a favore di nominati dai partiti; già il Senato perderebbe la propria rappresentanza, visto che sarebbe formato unicamente dai consigli regionali (74 consiglieri regionali, 21 sindaci e cinque senatori di nomina quirinalizia non più a vita ma della durata del settennato). Non ci sarebbe l’eliminazione del bicameralismo perfetto, dunque, ma solo di quello paritario, visto che l’apparato complessivo delle Senato resterebbe in piedi, riducendo soltanto le materie di competenza che diventeranno strettamente legate ai territori locali. 14618646_10209462583694931_1683605558_oDunque, anche i costi sono stati elemento di divergenza: 50 milioni sarebbe il risparmio previsto dalla Corte dei Conti, a differenza dei quasi 500 milioni dichiarati dai sostenitori del Sì, Renzi in primis, che si basano, però, come ricordato da Massa, su un efficientamento della macchina amministrativa dello Stato, intervenendo anche sulla riduzione dei tempi legislativi. Si è discusso anche dell’abolizione dei decreti, tuttavia commutati in un’ulteriore corsia preferenziale di nome diverso per il Governo, dell’elezione del Presidente della Repubblica; inoltre, Fucci ha ribadito il proprio dissenso alla formazione del nuovo Senato: «non possiamo trasformare questa istituzione in un dopolavoro dei consiglieri regionali e dei sindaci, che non capisco come possano svolgere al meglio tutte e due le funzioni».

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