Se si associa il nome di Veronica Inglese ai cinque cerchi, il rinvio di un anno delle Olimpiadi di Tokyo 2020 a causa della pandemia da coronavirus rappresenta la possibilità di lavorare un anno in più e di mettersi alle spalle un elenco di infortuni che ha iniziato a tormentarla pochi mesi dopo Rio 2016. L’atleta barlettana tesserata per l’Esercito ha trascorso il momento di stop forzato tra la palestra allestita in casa e, almeno fino all’entrata in vigore del divieto di allenamento esteso anche agli atleti, le campagne che circondano la città della Disfida, allenandosi sotto lo sguardo di suo padre Michele, che la segue a debita distanza in auto nei panni di allenatore e angelo custode. Dal 4 maggio è tornata ad allenarsi liberamente.

Il 2020 della Inglese si era aperto nel modo giusto, con il ritorno in pista e il desiderio di rosicchiare posizioni nella griglia di qualificazioni alle Olimpiadi. L’avversario più importante sconfitto nell’ultimo anno, infatti, non era stato ai nastri di partenza ma sul suo piede: morbo di Haglund, una prominenza dell’osso che crea problemi a livello tendineo all’altezza del tallone superata grazie a un intervento ad Arezzo. Allenarsi a livello professionistico richiede grossi sacrifici, che se condivisi risultano meno logoranti. Così, tra le abitudini che più le mancano c’è quella di correre sul litorale di Ponente, con tanti barlettani che le danno carica.

Il futuro è un grande punto interrogativo e per i campionati italiani, che potrebbero essere svolti a fine agosto, si attendono comunicazioni. L’Olimpiade è rinviata, il sogno di prendervi parte no. Come quello di rinnovare una bacheca con 12 titoli italiani di cui tre assoluti uno universitario e nove giovanili, oltre alla partecipazione alle Olimpiadi di Rio de Janeiro nel 2016, dove aveva chiuso al trentesimo posto la sua prova sui 10mila metri. Tornare in pista entro la fine del 2020, assicura Veronica, è più di un desiderio.