«Quando a dicembre del 2019 ho ricevuto la delega di assessore ai Servizi Sociali – questa la nota dell’ex assessore ai Servizi Sociali, Marianna Salvemini, dimessasi in seguito alla crisi che ha colpito Palazzo di Cittá perché espressione del gruppo dei cosidetti ‘dissidenti’- la sensazione che ho subito avvertito è stata quella di forte responsabilità e rispetto per quel ruolo. Un’occasione importantissima che mi dava l’opportunità di contribuire in prima persona al benessere e agli interessi della città, mirando a un lavoro di squadra, concetto per il quale mi sono sempre prodigata e sempre mi prodigherò. Gli eventi degli ultimi giorni relativi alla situazione politica di Barletta – come è noto a tutti – hanno certamente confermato quanto già da un po’ fossero a repentaglio gli equilibri, non tanto quelli di bilancio della nostra città, quanto quelli della “squadra” (amministrazione tutta). Durante il periodo in carica come assessore mi sono impegnata affinché la fiducia in me riposta fosse ripagata con il mio operato. E ringrazio per le belle parole che mi sono state rivolte in più occasioni a riconoscimento del mio lavoro. Ritengo però che sia fondamentale prestare attenzione alle parole che si usano per illustrare concetti o fatti, perché termini sbagliati o inappropriati possono davvero essere delle “saette” che lanciano cattive informazioni insinuando dubbi inammissibili. E, purtroppo, devo evidenziare che durante  le ultime sedute dell’assise cittadina ne sono state lanciate tante di “parole saette”, come anche in riferimento alle mie dimissioni. Più di una volta è stato dichiarato che sono stata “obbligata o addirittura costretta” a firmare le dimissioni. Queste affermazioni, inesatte e assolutamente scorrette, oltre che a insinuare dubbi che non hanno ragione di esistere, mi hanno anche profondamente rattristato per diversi motivi: sia perché hanno insinuato il sospetto che non fossi una persona libera di compiere le proprie scelte e poi, anche perché hanno fatto sospettare che non fossi sufficientemente forte nel far valere le mie idee e le mie azioni tanto da farmi condizionare da idee o azioni altrui. Non è assolutamente così! Con fermezza dichiaro che dopo una meditata e ponderata riflessione su ciò che purtroppo la nostra amministrazione stava vivendo, ho deciso di dimettermi  di mia volontà (nonostante il lavoro costruttivo che con tutto l’assessorato stavo portando avanti) perché molte situazioni che stavo affrontando risultavano incompatibili con le mie ideologie e i mie principi, e soprattutto con la mia idea di “squadra”. Su quelle “poltrone” non ci si siede peroperare autonomamente. Quelle poltrone si occupano in sinergia, mirando a obiettivi condivisi e comuni nel pieno interesse della crescita e del miglioramento della città. E quando quella sinergia anche io – come altri componenti del consiglio comunale – non l’ho più avvertita, allora, con lo stesso senso di responsabilità e rispetto con cui mi sono seduta la prima volta su quella poltrona, ho deciso nella più totale libertà di alzarmi e lasciare quel posto. Perché, per me, il lavoro di “squadra” vale più di ogni altra cosa, soprattutto quando i beneficiari assoluti di quel lavoro devono essere i cittadini e la città. Ringrazio sentitamente per l’opportunità che mi è stata offerta, augurando al sindaco, ai miei ex colleghi assessori in giunta oggi e a tutti i consiglieri comunali, di maggioranza e opposizione, di cogliere sempre le occasioni per curare esclusivamente gli interessi della nostra città perché è un “onore troppo grande” quello di poter essere leali “amministratori-sostenitori” della propria città. E auguro a me stessa che nessuno più e nessuno mai possa minimamente fare allusioni o insinuazioni su quelle che sono le mie scelte, poiché colpirebbero la persona leale e trasparente che spero di aver dimostrato di essere. Ribadisco, inoltre, che porterò sempre avanti i miei ideali e i miei valori, prendendo le distanze da situazioni incompatibili con i miei principi. E, liberamente, non esiterò ad assumermi le responsabilità delle mie scelte».