Il periodo che stiamo vivendo di espropriazione della nostra quotidianità sociale, di chiusura ‘obbligata’ (ma per il bene di tutti) dentro le quattro mura domestiche, può risultare un vero e proprio dramma per le tante donne vittime di violenza domestica, spesso da parte dei loro compagni con i quali devono condividere la quarantena e comunque la vita quotidiana per l’intero arco della giornata. Infatti, mentre prima della pandemia esse traevano comunque conforto e spiragli di ‘aria’ dai piccoli contatti con l’esterno (parenti, la scuola dei figli, conoscenti, ecc.), oggi esse sono costrette non solo a una completa solitudine, ma a condividerla col maltrattante in un totale stato di prostrazione, assoggettamento a ogni volere, paura, ecc. È bene far sapere loro però che i Centri antiviolenza sono attivi anche in questo momento. L’Amministrazione comunale, intanto fa sapere che sta provvedendo a porre in essere per le donne vittime di violenza seguite dall’Osservatorio “Giulia e Rossella” un sostegno materiale per far fronte alle esigenze legate all’approvvigionamento di generi alimentari beni di prima necessità.
L’Osservatorio “Giulia e Rossella”, che gestisce da oltre vent’anni il centro antiviolenza di Barletta, sta svolgendo una campagna di informazione e sensibilizzazione al tema, col patrocinio del Comune di Barletta e della Regione Puglia. Abbiamo voluto ascoltare una delle responsabili del Centro antiviolenza di Barletta , Tina Arbues.
Si parla sempre più di violenza degli uomini contro le donne: perché? Quali sono i principali campanelli d’allarme per una donna?
«La violenza è un problema culturale, fonda le sue radici in una cultura patriarcale, dove “lui ha il diritto di chiedere, lei ha il dovere di donare”, ma così non può essere: un vero rapporto deve essere uno scambio alla pari, di affetti non di violenza. Si comincia con quella psicologica, con le offese, cercando di annullare la propria compagna: “Sei una pazza” oppure “Sei una stupida”, “Non sei una buona madre” o ancora “Senza di me non potresti fare niente”. Questa è violenza».
Quindi non parliamo solo di violenza fisica?
«Assolutamente! La violenza di genere è anche psicologica, sessuale e purtroppo anche economica, in grado di annullare completamente l’individuo».
Ma se una donna si è convinta a contattare il Centro antiviolenza, cosa già di per sé non scontata e non semplice, questa deve per forza denunciare il suo aggressore? Se lo chiedono in molte prima di giungere nelle vostre sedi.
«La denuncia scatta con la consapevolezza: insieme, dopo aver ricevuto tutte le informazioni utili, capiremo con le stesse donne quali strumenti utilizzare, nel rispetto della loro libertà di scelta. Il centro antiviolenza deve essere visto come un luogo di aiuto dedicato alle donne; qui garantiamo riservatezza, anonimato e gratuità».
Come mai, secondo la vostra esperienza, una donna che subisce violenza ha difficoltà nel lasciare subito il compagno che la maltratta?
«Ci possono essere diverse motivazioni, quasi nessuna valida dal punto di vista razionale: potrebbero esserci ancora dei sentimenti all’interno della coppia, magari confusi con altro, chiaramente l’amore violento non è amore; c’è anche l’incidenza della vergogna o della paura di essere colpevolizzata. Senza contare che quando ci sono di mezzo dei figli, la situazione si complica».
Durante questa angosciante situazione di pandemia lo sportello comunale è chiuso, come assicurate il servizio?
«Siamo comunque attivi durante questa pandemia. E’ possibile contattarci ai numeri 3803473374,3887504780 (operativi 24/24 ore), oppure attraverso i nostri contatti di Facebook o di Istagram. Possiamo aiutare in maniera totalmente gratuita, attraverso colloqui telefonici per la prima accoglienza, colloqui di supporto psicologico telefonici o anche consulenze legali. Le vittime di violenza possono contattarci sempre, e se lui è in casa ci possono chiamare mentre vanno a fare la spesa o in farmacia o fuori con il cane…L’invito a contattarci è esteso anche a chi assiste o sente provenire dai vicini di casa urla e colpi ripetuti, parolacce, tutto ciò che faccia pensare al compimento di atti violenti nei confronti della nostra vicina di casa: “sii sentinella contro la violenza”.
Nel caso in cui si tema per la vita non esitate anche a chiamare le Forze dell’ordine facendo i numeri 112 o 113 e prendendo (o facendo prendere) tutte le precauzioni possibili del caso (scappare, ove possibile; chiudersi a chiave in una stanza; portare sempre con sé il telefono, ecc.).
Il messaggio è chiaro “Restiamo unite”».