“La locandiera” di Goldoni e in scena il prossimo fine settimana (dal 18 al 20 marzo) al teatro “G. Curci” di Barletta, in una versione contemporanea riscritta dal giovane barlettano Fabrizio Sinisi, laureato in Lettere moderne e già da qualche tempo esperto nella scrittura teatrale. La rappresentazione è l’ultima produzione del Teatro dei Borgia, diretto da Giampiero Borgia.

Un capolavoro fra i testi teatrali italiani, riscritto in chiave contemporanea. Perché? Cosa ritroviamo del testo goldoniano? La comicità dell’opera originale c’è sempre?Riscrivere Goldoni è un esperimento, nel vero senso del termine: è un modo cioè per vedere se certi suoi meccanismi e certe sue intuizioni “funzionano” ancora in una situazione diversa da quella in cui agiva lui: Goldoni scriveva nel Settecento, e al Nord; noi proviamo a ricollocare quei meccanismi ai giorni nostri, e al Sud. Senza fare nessun tipo di folclore meridionale: non vogliamo attualizzare, ma “attuare”. È un’operazione radicale che ho fatto in sede di scrittura e che viene fatte anche nella regia e nella recitazione, visto che Gianpiero Borgia è stato assistente di Yurij Alschitz ed è uno tra i più autorevoli interpreti del metodo Stanislavskij: che è appunto un metodo di attuazione nel presente. La comicità originale perciò c’è sempre, ma diversa: sintonizzata sul qui e sull’oggi. Per dirne una: non siamo più in una locanda, ma in un lido balneare decaduto.

Cambia l’ambientazione, siamo nel Sud Italia, ma al centro c’è sempre la figura della donna: come cambia la “Mirandolina” di Goldoni a quella di Sinisi? Di riflesso conosciamo anche l’animo maschile.

La Mirandolina di Goldoni è all’inizio di un percorso di autonomia femminile; è tanto avanti rispetto ai suoi tempi che Goldoni è costretto – per motivi di “morale sociale” – a scrivere un finale molto artificioso, in cui lei si pente di tutto e capitola. In questa Locandiera invece Mirandolina è una donna che, proprio perché potrebbe potenzialmente avere tutto, e la società non le impedisce di ottenere quello che vuole, paradossalmente non sa cosa vuole davvero. È il tema – che non ho certo scoperto io – di un’emancipazione della donna a volte erroneamente concepita come mera imitazione dell’uomo. Mirandolina scopre che quel tipo di libertà, quella “qualità della libertà”, non può bastarle, non è davvero pertinente al suo desiderio.  E come tu giustamente dici, di riflesso anche la posizione dell’uomo si confonde, s’indebolisce. Del resto una certa insicurezza non solo psicologica ma anche esistenziale mi sembra sia il dato più evidente all’interno delle relazioni tra uomo e donna oggi, e credo che questa venga appunto da una grande confusione rispetto alla vera natura dei propri desideri: volere qualcuno, e come, e quanto, e perché, è un interrogativo tutt’altro che scontato.  

Al “G. Curci” di Barletta: soddisfazione per un barlettano?

Una soddisfazione immensa. Barletta è la mia città, e mettere in scena un mio testo all’interno del suo teatro storico – che, peraltro, è uno fra i teatri più belli d’Italia – ha un grande significato per me.

a cura di Paolo Doronzo