a cura di Lucia Pepe

Visitabile dal 15 marzo presso il centro culturale Zerouno di Barletta, prende vita la mostra di arte contemporanea “Tutto è possibile”, collettiva artistica inspirata ad uno dei temi forse più cari all’universo artistico, quello della libertà. L’idea viene questa volta ad Anna Soricaro – curatrice dell’esposizione – da una citazione del film franco-tedesco del 1987 di Wim Weneders, Il cielo sopra Berlino: «Non potrei dire chi sono, non ne ho la minima idea! Sono qualcuno che non ha origini, né storia, né paese e ci tengo! Sto qui, sono libera, posso immaginarmi tutto. Tutto é possibile. Non ho che da alzare gli occhi e ridivento il mondo». Così, nelle tele di Asdhe (Daniela Damiano), Chiara Ciccone, Carloluigi Colombo e Simona Mancuso viene espressa, con stili figurativi o astratti differenti, la volontà e la necessità di sentirsi liberi, privi di passato e vogliosi di presente e “di essere il mondo stesso”. Libertà che è libertà di tecnica, espressione, colore e messaggio sulla base delle diverse creatività in campo. Fra queste, fra gli artisti che esporranno le loro opere nella collettiva visitabile fino al 29 marzo, c’è Simona Mancuso, pittrice milanese con radici (materne) barlettane che per l’occasione torna al sud a raccontare le sue tele al pubblico di Zerouno.

Simona qual è la tua idea di arte?

«Per me l’arte è esprimere emozioni tue, solo quello, è un tramite di quello che vuoi cercare di comunicare non tanto agli altri quanto a te stessa, una sorta di meditazione. E’ un modo di conoscersi attraverso quello che si fa e questo vale per tutte le arti, la pittura, la musica… non importa il giudizio, fatto bene o fatto male, l’importante è esprimersi».

Come hai espresso all’interno delle tue tele l’idea di libertà che è il fil rouge della collettiva? In che senso “tutto è possibile”?

«Che tutto sia possibile l’ho inteso come possibilità di riuscire ad emozionare al di là del concetto figurativo. Entrare e far entrare in contatto con quello che vediamo in e  con le nostre emozioni. La libertà l’ho intesa in modi diversi e ho pensato ad esempio di esprimere cos’è la mancanza di libertà. Una delle tele è “le tre guerre” che ho dipinto all’indomani della strage di Parigi. Credo che oggi noi siamo tutti nuovamente in guerra perché con il terrorismo non c’è più libertà in quello che facciamo e che viviamo, devi avere paura di tutto e se ti senti sempre sotto assedio non puoi essere libero. Il rosso è la violenza la scena cruenta che si è presentata vedendo le immagini di Parigi».

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Le tue opere riescono ad essere comunque molto diverse fra di loro nella tecnica di composizione

«Hanno tutte dei punti in comune. Ad esempio in ogni mia tela ci sono dei ritagli di un quotidiano con il quale ho a che fare tutti i giorni per lavoro. E allora lo ritrovi sempre, o nella tela per creare “matericità” o  in ritagli visibili e in cui è visibile e riconoscibile il rotocalco. Per alcune la tecnica è il dripping. Altre invece sono lavori di riciclo di materiale di tutti i giorni. Ad esempio un’altra delle opere in mostra è una regata di vele create con bustine da thé».

Cosa ti ha portato alla necessità di dipingere e farlo nel tuo stile?

«Ho sempre amato l’arte e studiato in un liceo artistico – anche se poi faccio un lavoro completamente diverso da quest’ambito – ma non ho mai abbandonato la mia passione per la pittura e la fotografia. Non dipingo sempre ma quando ho bisogno di esprimere qualcosa che mi capita o mi sta capitando e dall’arte figurativa sono passata all’arte astratta, un po’ con il naturale evolversi del percorso che ognuno di noi fa ma anche per un cambiamento preciso, per quando mi sono separata da mio marito. Ho cercato di unire un’arte figurativa con una più concettuale; ho preferito un’arte che dava importanza più a quello che sentivo che non a quello che vedevo».

mostra d'arte contemporanea