A cura di Arianna Crudele

Francesco Maria Asselta, oltre alla gestione del cinema Opera di Barletta, è anche un autore di teatro. Si è occupato della riduzione drammaturgica sia del “Riccardo III” di W. Shakespeare, sia di “Miseria e Nobiltà” di E. Scarpetta. Inoltre da oltre 4 anni è il Responsabile degli Eventi della Fiera del Levante, ed è stato Consigliere di amministrazione del Cda di Apulia Film Commission. Con lui abbiamo voluto discutere della cultura cinematografica della città di Barletta.

Il cinema Opera è considerato uno dei baluardi della cultura a Barletta. In una città ricca di storia come la nostra, ritieni che la gente sia interessata al cinema d’autore? E i giovani che tipo di approccio hanno?

«Sono felice quando qualcuno consideri l’Opera come uno spazio importante per la cultura cittadina. E’ nato per fare questo. La risposta alla seconda domanda è un po’ più complessa. Provo a sintetizzare: in città esiste una minoranza di giovani che segue molto il cinema, anche grazie al meraviglioso lavoro fatte dai docenti delle scuole cittadine. Poi esiste una maggioranza che guarda il cinema come fosse un intrattenimento tra gli altri. Non giudico, ma è semplice intuire da che parte sto».

Il Cinema Opera apre nel gennaio del 2006. Pensi che in questi anni ci sia stato un maggior fervore culturale in città?

«Non vivo più a Barletta da parecchio, anche se mantengo vivi i contatti con molti amici con cui sono cresciuto. Mi sembra, da quello che mi dicono, che Barletta sia come il resto del Paese: grandi “punte” qualitative, e penso a Palazzo della Marra, al Castello o al Teatro Curci, ma anche alla musica e all’arte contemporanea. Però resta il fatto che si è in minoranza. In netta minoranza, direi. E questo incide sul “fervore”. E’ un fervore per pochi intimi».

 

Com’è nata l’idea di aprire un cinema?

«E’ nata il giorno in cui ho avuto una piccola intuizione: unire alla qualità della programmazione l’estetica di un luogo, diciamo così, “cool”. Anche se, sinceramente, la cosa più importante in un cinema è la programmazione. Puoi far realizzare il luogo più figo del mondo, ma quando si spengono le luci (e il cinema è il regno del buio) se non hai un’idea di cinema, soccombi come quasi tutte le sale».

Il 28 febbraio scorso si è svolta l’88esima edizione della cerimonia degli Oscar. Tra i vincitori ci sono stati Revenant-Redivivo per la miglior regia, miglior attore protagonista e miglior fotografia e il caso Spotlight, miglior film e sceneggiatura originale. Sei stato orgoglioso che questi film, proiettati al cinema Opera, siano stati premiati?

«Non vorrei sbagliarmi, ma da quando abbiamo aperto il cinema, ogni anno programmiamo il film vincitore del premio Oscar, la Palma d’Oro di Cannes, l’Orso d’Oro a Berlino e il Leone d’Oro di Venezia. L’oro non ci manca, insomma».

 

Dopo anni non positivi per il cinema italiano, finalmente film come la Grande bellezza, Il capitale umano e il recentissimo Lo chiamavano Jeeg Robot sembrano aver dato nuovamente lustro all’industria cinematografica. Qual è la tua opinione sulle produzioni italiane?

«Sul punto ho un’idea molto semplice. Tutti si lamentano della mancanza di grandi registi. “Non ci sono più i Fellini, gli Antonioni, i De Sica, i Leone o i Rossellini”, si dice. Ma quella è una stagione irripetibile. Al cinema italiano invece, tranne i momenti d’oro, è sempre mancata l’industria cinematografica. E’ mancato cioè il prodotto medio, quello che serve a mantenere il contatto col pubblico. Perché andare al cinema è un “gesto”, una consuetudine, e una volta che il pubblico si disabitua, è parecchio difficile riportarlo in sala. Sono invece molto felice del successo di alcuni film. Sorrentino e Garrone sono ormai autori internazionali, talenti limpidi. Ma il successo di Mainetti mi rende ancora più felice, perché è un successo “contro” l’inesistente industria cinematografica italiana. Nessuno ha creduto in quella storia, in quel film, tant’è vero che Mainetti se l’è praticamente auto-prodotto».

 

La Apulia Film Commision è una fondazione promossa dalla regione Puglia volta a promuovere produzioni audio visive nella nostra regione. Tra i principali fruitori possiamo citare Luca Medici, in arte Checco Zalone, con il film “Cado dalle Nubi”. Secondo te quanto ha inciso la creazione di questo fondo sulla produzione di film in Puglia? A proposito di Luca Medici, che rapporto hai con lui?

«Tra i principali fruitori? Non credo. Ebbe pochi soldi da AFC, e se non ricordo male solo dal “Fondo Ospitalità”. Sull’incisività della Film Commission, invece, pochi dubbi: prima la Puglia come set cinematografico non esisteva, salvo tutto il cosiddetto cinema di “serie B” girato da noi, e qualche pioniere. Oggi, invece, è una terra profondamente cinematografica. Sul rapporto con Luca, cosa posso dire…Siamo amici».

 

Tra i film dell’ultimo anno qual è stato il tuo preferito e perché?

«Ne vedo talmente tanti che mi risulta difficile citarne solo uno. Dico che forse per progetto artistico, capacità tecnica e coraggio direi “The Hateful Eight”, di Quentin Tarantino. Non perché sia stato un film perfetto, anzi, ma perché riempie ogni inquadratura di amore cinefilo».