Incontriamo Michele Ciniero, già assessore che ha detenuto la delega alla Cultura fino a pochi giorni fa nella giunta Cannito, poi un improvviso epilogo.

Siamo qui proprio a capire perché siamo arrivati a questo. Quali sono state le motivazioni, visto che il Sindaco, anche in Consiglio Comunale ha detto di non aver ben capito la sua lettera di dimissioni. Quindi cerchiamo di fare chiarezza, ci spieghi un po’.

«Parto da lontano, quando il Sindaco mi ha affidato la delega alla Cultura del Comune di Barletta, mi sono chiesto, venendo dal mondo della comunicazione, se ce la potessi fare a mettermi a disposizione della città, con il grande patrimonio che ha. E soprattutto incrementare la credibilità di Barletta, anche a causa del basso riscontro che era stato raggiunto negli ultimi anni. Non avevamo credibilità presso gli imprenditori, giusta visibilità dal mondo dei media perché, probabilmente, si era creata una discrepanza di relazioni con chi poteva darci una mano per la valorizzazione della cultura. Questo mi ha dato una spinta nel mettermi più in gioco e fare veramente tanto in poco tempo».

 Ma ciò non è bastato a quanto pare…

«Devo dire che poi mi faccio anche abbastanza prendere, perché sono consapevole della grande responsabilità che ha la valorizzazione della cultura di una città. Ritengo che la cultura tocchi tutti i settori dell’operato, perché si parla di cultura dell’ambiente, di cultura dell’abitare, di cultura degli stili di vita, cultura dello sport, cultura della storia e effettivamente è una parola che può avere molte sfaccettature ed entrare in tutti i settori. Devo dire che poi tutto questo ha creato una serie di grandi e nuove opportunità per la città, che hanno messo in grande luce Barletta. Questo probabilmente ha creato una serie di piccole gelosie, ma io non ne ho dato peso».

Gelosie interne alla Giunta?

«Non proprio nella Giunta, perché tutto sommato si è lavorato per la città. La Cultura ha una forte visibilità, ma la visibilità l’ho portata io: sono stato molto attento, perché anche il mio passato lavorativo mi portava ad essere presente su tutti i fronti, dalla tv alla carta stampata, ma anche alla strada, perché poi fa molto anche la comunicazione personale. Non so se questo può aver dato fastidio a qualcuno».

Lei è stato un nome inserito per chiudere la crisi d’amministrazione che c’era un anno fa. Il suo nome e quello di Passero hanno fatto un po’ da cerniera. Dopo di che questa crisi, che pare non sia in realtà mai terminata, ha colpito proprio da parte del Gruppo consiliare che l’ha indicata un anno fa. È così?

«Personalmente, non essendo stato eletto, non avendo partecipato alla competizione elettorale, sono arrivato come se fossi stato la parte “tecnica”. Quindi politicamente non ho partecipato agli incontri dei consiglieri, dei capigruppo o di maggioranza. Certo ho contribuito a fare eleggere due consiglieri, non tanto il primo (ndr. Dimonte) perché ha portato da solo tantissimi voti al partito, quanto proponendo due persone nella lista di Iniziativa Democratica che hanno ricevuto voti a sufficienza, da far scattare anche un secondo consigliere (ndr. Damato). Quindi proprio il secondo consigliere è stato probabilmente eletto grazie a quello che hanno potuto fare i candidati miei amici di gruppo, che chiaramente continuano a rimanere in Iniziativa Democratica, ma non sono d’accordo con questo contesto di apparenza di turnover».

Veniamo al tempismo di questa sua ‘messa fuori gioco’ proprio nei giorni successivi alla rievocazione della Disfida, che è andata molto bene, quindi è stato un piccolo successo di tutta l’Amministrazione, ma in particolare del suo Settore, che è stato protagonista.

«Assolutamente devo rimarcarlo con forza. La Disfida è sempre al centro di tutti i programmi elettorali. Eppure da 14 anni non si faceva in grande stile con il certame. Ci vuole anche qualcuno che deve perorare le cause e lavorare, pancia a terra; ci siamo attivati con l’intero Settore Cultura a trovare opportunità e fare in modo di essere il primo Comune d’Italia a vincere il più grande importo per le rievocazioni storiche, e questo non era mai avvenuto. Risorse nuove perché il punteggio era elevato, probabilmente perché abbiamo cercato con questo assessorato di individuare anche un direttore artistico che valesse per due anni.  All’inizio, nelle voci di Bilancio per il settore Cultura, ho trovato poche risorse, ma con la caparbietà siamo riusciti a fare grandi eventi».

Importanti successi anche da parte sua e dell’organizzazione del settore culturale sono stati anche il Jova Beach Party, oltre alla Disfida che abbiamo già menzionato. Ci vuole parlare di questa sua esperienza che è durata circa un anno?

«Devo dire che proprio dopo pochi giorni dall’aver ricevuto la delega, mi sono attivato per mettere in gioco la nostra città. Sono venute tutta una serie di opportunità a partire dal Jova Beach. Sono stato molto caparbio. Il sindaco stesso, da ‘buon padre di famiglia’, continuava a chiedersi se fosse sicuro, se potesse essere pericoloso, grandi numeri (mai fatti). Però poi l’ho convinto e devo dire che la battaglia poi l’abbiamo portata avanti soltanto io e il Sindaco.  L’opportunità era grandissima per la città! Questo è stato un grande evento che ha portato la città ad avere un grande giovamento come indotto. Nessuno lo dimenticherà, né a Barletta né in Puglia. Questo ha dimostrato di cosa è capace Barletta quando si mette insieme a favore del proprio territorio. Non dimentichiamo poi che abbiamo creato una grande opportunità con il Teatro Petruzzelli: per la Traviata venivano creati abiti ottocenteschi ripresi dai quadri del nostro De Nittis che sono stati esposti presso il Palazzo Della Marra. Come se non bastasse, nei prossimi giorni esporremo tre dei suoi capolavori presso gli Aeroporti di Puglia. Saranno messi nella zona più bella e più controllata. Un “non luogo” dove passano migliaia di imprenditori e di persone che viaggiano. Questo significa creare opportunità. Per il nuovo cartellone della stagione del Teatro Curci, il Settore Cultura ha creato l’opportunità di avere il giovedì con il comico. Non c’era. È quello che hanno chiesto i ragazzi delle superiori di Barletta, quando con il direttore artistico Fabio Troiano, siamo andati scuola per scuola per chiedere cosa avrebbero voluto vedere a teatro; loro hanno chiesto il comico e noi glie l’abbiamo creato. Con De Nittis abbiamo avviato uno scambio alla pari con Ferrara: Giovanni Boldini, il loro artista, passa a Barletta dal 7 dicembre al 30 aprile, con 72 opere, noi con i nostri De Nittis dal 1 dicembre al 23 aprile saremo a Palazzo dei Diamanti a Ferrara. Voglio ricordare che Ferrara è città d’arte per eccellenza e si vende in tutto il mondo in modo facile. Queste sono grandi scommesse, grandi operazioni di squadra che io riconosco anche agli altri assessorati. Il Sindaco mi ha lasciato fare, ben conoscendomi e ben sapendo i risultati che potevo portare a termine. Credo di essere riuscito a far bene per la mia città».

Come deve essere un assessore alla Cultura, cioè può essere chiunque o deve avere delle caratteristiche particolari, avere un’esperienza politica?

«Il discorso politico non so se possa giovare ad un assessorato alla Cultura. Né tantomeno  è necessario il grande professore universitario. Deve avere buone relazioni spendibili. Se arriva il professore in storia, magari ben poco sa su l’organizzazione dei grandi eventi di altri contesti. Tenete conto che bisogna dare risposte sulle aspettative di 95.000 abitanti e non tutti siamo uguali. Aperto a nuove opportunità ed essere anche lesto a leggere in alcuni contatti, in alcune relazioni, le peculiarità di quello che viene proposto e capire cosa può portare di positivo per la propria città. Certamente c’è la macchina amministrativa, ci sono gli uffici competenti. Barletta devo dire che è molto preparata nei vari Settori: abbiamo funzionari e dirigenti che lavorano alla grande. Abbiamo chi si interessa del teatro Curci, chi s’interessa della storia e della cultura anche religiosa».