In un momento in cui il processo dell’immigrazione sembra cambiare il volto del nostro Paese, rischiamo troppo spesso di restare indifferenti di fronte ai volti dei protagonisti di questo processo. Le nostre vite quotidiane sono sature di informazioni e di discorsi, discorsi ascoltati in tv, o nel bar sotto casa, discorsi che il più delle volte si concentrano sui soliti luoghi comuni, trascurando il lato più umano di questo processo.Ora più che mai è necessario soffermarsi sulle storie di chi, nei discorsi pressappochisti di ogni giorno, sembra non avere un volto. Lo scrittore Annibale Gagliani, con il suo “Romanzo Caporale”, ha dato non solo un volto alle migliaia di migranti che sbarcano nel nostro Paese, ma ha incastonato un’esperienza in uno sguardo, nel paio di occhi azzurri del “sognatore africano”, protagonista della storia. A ricreare le atmosfere dei paesaggi descritti nel libro ha contribuito il caratteristico allestimento realizzato da Antonella Filannino, moderatrice dell’evento di presentazione del libro che ha avuto luogo il 4 gennaio presso la sede del Grow Lab. Un mazzo di fiori di campo, un vasetto di terra e una manciata di pomodori sistemati su una cassetta in legno hanno immediatamente trasportato i presenti nelle campagne pugliesi, riassumendo i momenti salienti della storia.

«Il protagonista non ha nome- ha dichiarato l’autore – è un personaggio simbolo. Può essere il lavavetri che cerca di racimolare qualche spicciolo al semaforo, o la donna che chiede l’elemosina fuori dal supermercato. Si tratta di un personaggio fittizio, e alcuni degli episodi narrati sono frutto della mia fantasia, ma è una storia verosimile, che nasce in seguito alle centinaia di testimonianze e agli incontri avuti con migranti e clandestini in Puglia». E infatti le sue esperienze di insegnante di italiano per stranieri, il suo contatto con i sacerdoti missionari e la possibilità di leggere un diario di uno di questi, Don Donato Panna, hanno dato numerosi spunti all’autore, che ad un certo punto ha sentito la necessità di esternare queste storie, per liberarsene e per sensibilizzare chi è estraneo a queste vicende.

«Uno degli eventi che più mi ha colpito è stato l’incidente che nel 2018 ha portato alla morte di dodici braccianti che erano a bordo di un furgone, diretti verso le campagne di Lesina, dove sarebbero stati sfruttati con una retribuzione di circa 2 euro all’ora. Delle persone che per lo Stato italiano non erano mai esistite, cessavano definitivamente di esistere».
Il protagonista nasce in Kenya ed è orfano di madre. La sua personalità è molto sfaccettata, ogni persona che ha contribuito alla sua formazione culturale, come il prete missionario Don Donato Panna, ha aggiunto uno strato alla sua personalità. Decide di dedicarsi alla politica, ma è costretto a scappare dal Kenya in seguito al rapimento della moglie. E arriva in Salento, la terra da cui proveniva don Donato, dove spera di poter cominciare una nuova vita.
L’argomento del libro, grazie anche al dialogo con i presenti, ha permesso di riflettere sulla necessità di assumere un punto di vista nuovo, di lasciarsi penetrare dallo sguardo dell’altro e di ascoltare le storie di chi non ha voce. Questo può essere l’unico antidoto contro l’egoismo di chi crede che l’estensione dei privilegi ad altre persone possa comportare una riduzione dei propri.