Nell’era della tecnologia, in spregio ad un mondo sempre più globalizzato e aggiornato, c’è sempre chi resta indietro, come l’ultimo anello della catena. E questa volta: siamo noi. Da qualche giorno a Barletta, nello spiazzo antistante il lungomare intitolato a Pietro Mennea, sono ricomparsi i caratteristici stand del circo, dall’estetica inconfondibile, caleidoscopica, iconografia di un’arte libera, maliarda, incantatrice. Nulla da recriminare ad acrobati, clown, prestigiatori, funamboli e illusionisti, che riescono a sedurre gli sguardi con la propria arte. Ancora una volta l’implosiva battaglia è in nome della tutela, puntualmente precaria, degli animali coinvolti, spesso e volentieri esposti a pubblico ludibrio e tenuti in condizioni di vita sconvenienti per la loro natura.

Uno scacco matto che colpisce ancora una volta Barletta, che non si dimostra sul pezzo, al passo con altri paesi europei, priva di una cultura avanguardistica che possa abbattere cliché e punti nodali difficili. Alcuni paesi in Europa, come ad esempio la Germania, hanno rinnovato il mondo del circo, rendendolo fruibile senza sottoporre gli animali a condizioni di stress. Come? Con gli ologrammi. Ne è esempio il Roncalli Circus, che grazie alla tecnica olografica, porta in scena animali fittizi, attraverso la loro proiezione tridimensionale. Non lontano da noi la tecnica olografica è stata importata con successo e senza reticenze: solo pochi mesi fa, infatti, un’eterogenea fauna immaginaria ha varcato la soglia di via Napoli a Bari, dove il Circus Atmosphere ha intrattenuto un’entusiasta platea senza strumentalizzare gli esemplari. La sconfitta è condivisa.

Se da un lato, infatti, l’amministrazione sembra non aver avuto la tempestività, la prontezza o forse l’iniziativa di rinnovarsi da questo punto di vista, dall’altro complice è sicuramente una inveterata cultura cittadina, che partecipa con nonchalance a questi spettacoli, senza rendersi conto dell’impatto nefando che sortiscono sugli animali. Abbiamo parlato con l’Avvocato Massimiliano Vaccariello, volontario e consulente legale della locale Sezione di Barletta dell’Ente Nazionale Protezione Animali, nonché neo componente della Commissione Regionale per il Randagismo della Puglia, che ha confermato la posizione più volte espressa.

Concorde, infatti, con l’uso di ologrammi, che potrebbero mettere in risalto la bellezza di ogni esemplare animale senza inutili spettacolarizzazioni, ha ribadito che in mancanza di questi ultimi è necessario che quantomeno vengano effettuati controlli sulla qualità della vita degli esemplari, sull’igiene, le misure e le condizioni delle gabbie, che siano consultati medici che ne monitorino i parametri vitali e che soprattutto gli animali coinvolti non vengano esposti come merce e usati a solo scopo di lucro.

Ciò che all’esterno appare come un affascinante spettacolo che solletica curiosità e intrattenimento, ha nella realtà un risvolto invisibile ad occhio disattento, quasi ctonio e celato, ma che alla lunga sottopone la fauna a pressioni non benevole.

Ciò che ambientalisti, animalisti e semplici cittadini empatici auspicano è che il prima possibile ordinanze, regolamenti e normative lasciate insolute e “a maggese” possano essere coltivate da una reale volontà amministrativa per un effettivo cambiamento.

A cura di Carol Serafino