C’è un barlettano che sta lanciando una nuova idea di solidarietà a circa 300 chilometri da casa. Parliamo di Luca Fortunato, 35enne della Città della Disfida da 20 anni impegnato nel sociale: un percorso partito dall’Unitalsi di Barletta, passato per Francia, Spagna, Zambia fino al ritorno in Italia, dalle Langhe piemontesi fino all’Abruzzo. Accorreranno soprattutto molti giovani, anche da Pescara, Per il cenone di fine anno previsto questa sera all’ex chiostro delle suore Orsoline di via G.Ravizza 107 a Chieti: Luca vive nell’ex convento da settembre 2015, grazie alla volontà del vescovo Mons.Bruno Forte, ed è l’ideatore della serata. Oggi la struttura della Comunità Papa Giovanni XXIII, la “Capanna di Betlemme Maria Stella del Mattino”, ospita 62 accolti dalle strade e dalle periferie umane grazie a Luca e a 6 volontari che vi abitano a tempo pieno.

Sono già 220 i posti prenotati al cenone dei senza fissa dimora di Chieti: il tam-tam è stato rilanciato esclusivamente su WhatsApp. La cena costa 15 euro, che pagherà solo chi potrà. «Perchè-Luca Fortunato cita Don Oreste Benzi-amando i fratelli ribaltiamo l’ingiustizia sulla quale il mondo prospera. Ai giovani abbiamo detto: portate un parente o un amico che è rimasto da solo e che non può permettersi una festa di fine anno» continua Luce, che con altri 10 volontari tutti i lunedì sera incontra i senza fissa dimora della città. Grazie a loro sono una decina le persone senza casa che ogni 3-4 mesi riescono a trovare una soluzione migliore: alcuni scoprono di avere diritto ad una pensione, altri iniziano progetti di co-housing, altri ancora riescono a trovare un lavoretto grazie alla rete di relazioni con il territorio.

Ma Fortunato, dal suo osservatorio privilegiato, lancia un allarme: «Ci sono le persone di 50-55 anni che hanno perso il lavoro e che non riusciamo in nessun modo a riqualificare. Lavoravano in fabbriche che sono state chiuse, o in produzioni artigianali; se non hanno una famiglia in grado di ospitarli o di sostenerli si trovano per strada. Non siamo in grado di trovare nessuna istituzione che si prenda cura di loro. I cinquantenni della strada sono i nostri profughi italiani, rifugiati della povertà; gli mancano 15 anni alla pensione sociale, cosa faresti tu al posto loro?» E’ questo l’interrogativo che ci accompagna ai nastri di partenza dell’anno che verrà.