A cura di Tommaso Francavilla

 

Cosa sarebbe stata la musica, se migliaia di musicisti e compositori non avessero trovato la morte nei Campi di prigionia e sterminio della seconda guerra mondiale? Non lo sapremo mai, ma lo possiamo intuire, grazie alle loro composizioni, scritte durante la prigionia, su qualunque supporto: quaderni, carta igienica, sacchi di juta, carta per alimenti. Da decenni, il pianista Francesco Lotoro, docente di pianoforte presso il Conservatorio “U. Giordano” di Foggia, ricerca e raccoglie queste composizioni preziose e fragili, sparse per il mondo, salvate in modalità rocambolesche, che rischiavano di scomparire per sempre. Lotoro ha  recuperato finora 8.000 opere musicali di qualunque genere: jazz, musica sinfonica, folk, musica dodecafonica, musica classica. Questa musica è stata incisa in formato CD, in una enciclopedia di 24 volumi, dal titolo “KZMusik”, e continuerà ad essere incisa.

La ricerca di Lotoro continua e suscita l’interesse delle università americane e britanniche, delle tv nazionali ed estere, delle comunità ebraiche sperse per il mondo. Nel 2011, lo scrittore francese Thomas Saintourens pubblica il libro “Le Maestro” sulla vita e sulle ricerche di Lotoro; nel 2015 è stato tratto un documentario ispirato dall’omonimo libro, diretto dal regista franco-argentino Alexandre Valenti.

Nel 2014, Lotoro crea a Barletta la Fondazione Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria (Fondazione ILMC) che si occupa di ricerca, studio, catalogazione, registrazione, pubblicazione e promozione della produzione musicale concentrazionaria, creata in condizioni di prigionia civile e militare. La Fondazione ha presentato al Comune di Barletta il progetto della Cittadella della Musica Concentrazionaria, ottenendone parere favorevole. La Cittadella sorgerà su una superficie di 8.000 mq presso l’area dell’ex distilleria. Incontro Francesco in una fredda mattinata.

Come nasce l’idea della Cittadella della Musica Concentrazionaria?

«L’idea nasce dalla esigenza di poter usufruire di questa musica non solo a livello cartaceo e fonografico. Questa musica ricercata e raccolta va suonata, diffusa, studiata e analizzata, inserita in un contesto storico e psicologico, che parte dal 1933 fino al 1953, anno della morte di Stalin e della liberazione degli ultimi prigionieri di guerra detenuti nei campi di prigionia sovietici. Finora, ho raccolto 8.000 opere musicali e 12.000 documenti di letteratura concentrazionaria».

Nella Cittadella ci sarà un archivio per raccogliere le opere?

«Ci sarà una bibliomediateca musicale che permetterà di consultare opere e saggistica correlata, un teatro dove saranno eseguite e suonate le suddette opere, con annesso Campus delle Scienze Musicali. La musica vive se viene eseguita. Lo spazio teatrale avrà 212 posti a sedere e una fossa per l’orchestra, ubicato nella torre della ex distilleria. E’ previsto anche un teatro all’aperto, una libreria internazionale del Novecento e un museo dell’Arte Rigenerata, dove saranno esposti anche gli strumenti musicali utilizzati nei Campi di prigionia».

Perché anche strumenti musicali?

«A volte, gli strumenti musicali rivelano il modo di suonare nei Campi di prigionia. In alcuni di questi Campi, mancavano gli archetti e i violinisti pizzicavano le corde. In altri casi, i violini mancavano di corde, sostituite da corde di chitarra. Nella mia ricerca, mi occupo anche del recupero degli strumenti musicali, finora ne ho recuperati 18, altri li avrò in prestito dai familiari dei prigionieri e saranno esposti nella Cittadella».

Le tue ricerche hanno un sostegno economico?

«Sono 30 anni che conduco le mie ricerche, al 90% i costi sono sostenuti da me. Ogni tanto, ricevo un contributo economico da parenti dei prigionieri, per intraprendere i miei viaggi di ricerca. Non mi lamento, la Regione Puglia ha sostenuto il progetto della Cittadella».

La Cittadella della musica concentrazionaria a Barletta
La Cittadella della musica concentrazionaria a Barletta

Come saranno ripartiti i finanziamenti della Cittadella?

«Il progetto sarà in parte finanziato dallo Stato, il Comune di Barletta ha concesso l’area della ex distilleria. La fondazione si occuperà di recuperare gli altri fondi. Il film in uscita svolgerà un ruolo fondamentale nel far conoscere il progetto della Cittadella».

Quando potremo vedere il documentario “Le Maestro”?

«Il documentario uscirà nei cinema a gennaio 2017 (clicca qui per un estratto). Ci sarà anche una versione per la tv, che andrà in onda su Rai 3, il 23 gennaio».

Anche università americane e britanniche si sono interessate alle tue ricerche

«Si, collaboriamo reciprocamente, sono il loro “detective”. Sto collaborando anche con lo “United States Holocaust  Memorial  Museum” per un progetto di ricerca degli ultimi sopravvissuti dei Campi di prigionia, finora ne abbiamo individuati almeno 100 sparsi nel mondo. Il progetto si chiama “One Hundred Trips”.

Ti occupi di cercare opere musicali composte solamente nei Campi di concentramento?

«No, anche nei Campi di prigionia militari, in cui erano rinchiusi ufficiali e sottoufficiali. Inoltre, c’erano Campi di prigionia civili, suddivisi in campi di transito, campi di internamento e sterminio, campi per lavori forzati. Esistevano anche navi adibite a prigioni militari».

Il tuo ultimo ritrovamento dove è avvenuto?

«Il mese scorso, sono stato a Givat ChaimIchud, in Israele, dove ho recuperato alcune canzoni composte dalla musicista e poetessa cecoslovacca Ilse Weber, per merito di una signora, sua compagna di prigionia a Terezìn».

Raccontami la vicenda di questa musicista e del recupero delle sue canzoni.

«Ilse Weber fu deportata a Terezìn, in Cecoslovacchia, con il marito Vileme e il figlio Tommy. Prima della guerra, il figlio maggiore Hanus fu messo in salvo in Svezia, dove ha lavorato come giornalista della televisione svedese e dove tuttora vive. Poco prima del trasferimento finale da Terezìn ad Auschwitz-Birkenau il marito riuscì a nascondere tutte le opere di Ilse nel maneggio di Terezìn. A Birkenau, Ilse e suo figlio Tommy finirono nelle camere a gas, il marito si salvò e dopo la guerra tornò a Terezìn per recuperare le opere della moglie. Purtroppo, nel 1968, con l’occupazione di Praga da parte delle truppe sovietiche, la sua casa fu requisita e le opere disperse per sempre. Si salvano solo 8 canzoni, altre tre canzoni le ho recuperate poche settimane fa in Israele. Non mi resta che avvisare Hanus, che al momento non sa ancora nulla della bella notizia».

Per cercare le opere musicali, ti avvali di informatori o ricercatori nei luoghi di interesse?

«Si, grazie ad Internet, ho una rete di informatori che mi segnalano o inviano materiale musicale, mi spediscono le opere su qualunque supporto. Queste persone rappresentano il 20% del lavoro di ricerca, per il resto conduco la ricerca da solo, recandomi sui luoghi».

Dove hai viaggiato nell’ultimo anno, per le tue ricerche?

«Sono stato in USA, Canada, Francia, Gran Bretagna, Germania,Austria, Polonia, Repubblica Ceca, Svezia, Israele, Thailandia e Brasile».

Perché anche la Thailandia e il Brasile?

«In Thailandia c’erano Campi di prigionia giapponesi, dove erano detenuti soldati britannici e americani. In Brasile, nella regione dell’Amazzonia, c’erano Campi di internamento dove erano rinchiusi civili giapponesi. Il Brasile partecipò alla seconda guerra mondiale, distinguendosi nella liberazione di Pistoia e della Toscana».

Quali saranno i tuoi obiettivi nel 2017?

«Completare l’Enciclopedia “Thesaurus Musicae Concentrationariae” entro il 2022, nell’Enciclopedia troveranno posto 600 partiture. In questa impresa mi avvalgo del prezioso aiuto del mio amico e collega Paolo Candido. In seguito, queste 600 partiture andranno musicate e registrate su supporto CD. Inoltre dovrò mappare la rete dei Gulag (ex Campi di prigionia sovietici -ndr) in Russia e tutta la musica composta dai civili giapponesi internati in Amazzonia».