Venerdì 10 marzo alle ore 19,00 presso la Sala Rossa del Castello, il Rotary Club di Barletta, presieduto da Sabino Montenero, affronterà e approfondirà un incontro speciale: “Mio padre era Giorgio Perlasca” dalla viva voce di suo figlio Franco Perlasca.

Quella di Giorgio Perlasca è la straordinaria vicenda di un uomo che, pressoché da solo, nell’inverno del 1944-1945 a Budapest riuscì a salvare dallo sterminio nazista migliaia di ungheresi di religione ebraica inventandosi un ruolo, quello di Console spagnolo, lui che non era né diplomatico né spagnolo. Tornato in Italia dopo la guerra la sua storia non la racconta a nessuno, nemmeno in famiglia, semplicemente perché riteneva d’aver fatto il proprio dovere, nulla di più e nulla di meno. Se non fosse stato per alcune donne ebree ungheresi da lui salvate in quel terribile inverno di Budapest la sua storia sarebbe andata dispersa. Queste donne, a fine degli anni ’80 misero sul giornale della Comunità ebraica di Budapest un avviso di ricerca di un diplomatico spagnolo, Jorge Perlasca, che aveva salvato loro e tanti altri correligionari durante quei mesi terribili della persecuzione nazista a Budapest e alla fine della ricerca ritrovarono un italiano di nome Giorgio Perlasca.

Per la prima volta dopo quasi 45 anni, la storia di Giorgio Perlasca viene raccontata. Pochi sapevano di quell’uomo, nato a Como nel 1910, forte sostenitore del partito fascista fino al 1938, cioè fino alla promulgazione delle leggi razziali e all’alleanza con Hitler. Pochi sapevano di come questo sconosciuto si finse un diplomatico spagnolo e rilasciò salvacondotti falsi salvando la vita a 5.200 ebrei. Molti di più, forse, visto che ogni documento valeva per un intero nucleo famigliare. Il Talmud racconta di come ogni generazione abbia 36 giusti. Uomini da cui dipende la salvezza dell’umanità. Uomini umili chiamati all’azione e che, dopo aver svolto il proprio compito, tornano nell’ombra dell’anonimato. «Mio padre era uno di questi», dice Franco Perlasca, figlio di Giorgio, il “magnifico impostore”. La mia famiglia, per quasi mezzo secolo, è rimasta all’oscuro di tutto. cMio Padre raccontava piccoli episodi dell’Ungheria, di quanto aveva visto. Ma non avremmo mai immaginato, io e mia madre, che fosse un protagonista della Storia». Poi, nel 1988, l’ arrivo dei coniugi Lang a casa nostra…«Già nel 1987 il muro di Berlino stava virtualmente cedendo e l’ Ungheria sentiva arrivare la libertà. Il regime allentava la morsa e le persone tornarono a pensare all’occupazione, alla guerra, alla memoria. Così, queste donne ebree misero insieme i pezzi, si fecero aiutare dalle ambasciate israeliane e arrivarono a mio padre. In realtà la sua storia non era così sconosciuta. I fatti erano noti al nunzio apostolico vaticano Angelo Rotta e all’ambasciatore spagnolo Ángel Sanz Briz; entrambi lavorarono a Budapest con papà per salvare gli ebrei. E poi c’ erano le copie del memoriale: una consegnata allo stesso ambasciatore, l’altra al governo italiano. La terza e ultima era a casa». Il memoriale è poi diventato il libro “L’ impostore”. «Io ero presente il giorno in cui la verità fu raccontata: Sì. E fu uno choc. Lo è stato per molto tempo, non che non fossi orgoglioso di lui, ma è difficile da spiegare. Credetemi, fui travolto dalla sua grandezza. C’ è voluto molto tempo perché cominciassi a testimoniare la sua vita. Ho iniziato qualche anno dopo la sua morte. Oggi c’ è la Fondazione, tengo settanta conferenze l’anno. Ma in pubblico parlo di Giorgio Perlasca, non di “mio papà”. Perché il fatto sia meno personale, meno intimo.

La storia di Giorgio Perlasca dimostra come per ogni individuo è sempre possibile fare delle scelte alternative anche nelle situazioni peggiori, in cui l’assassinio è legge di stato e il genocidio parte di un progetto politico.A chi gli chiedeva perché lo aveva fatto, rispondeva semplicemente: «ma lei, avendo la possibilità di fare qualcosa, cosa avrebbe fatto vedendo uomini, donne e bambini massacrati senza un motivo se non l’odio e la violenza?». L’incontro è aperto a tutti. Vi aspettiamo numerosi.