a cura di Lucia Pepe

Si terranno l’8 aprile al Korova bar di Trani le selezioni provinciali Bat per l’Arezzo Wave Love Festival, storica kermesse musicale che, dagli anni 80 ad oggi, ha fatto  emergere sul panorama musicale italiano artisti come (per citarne solo alcuni) Afterhours e Fast Animal and Slow kids. Quest’anno saranno Be where, Gerardo Tango, Misga, Kranker hund, The big south market e Vinyl sins i musicisti della Bat a contendersi il posto per la finale regionale: il progetto pugliese vincitore (la finale al Teatro Kismet di Bari il 24 aprile) si esibirà su uno dei palchi (tradizionalmente tre) dello storico festival, quest’anno di stanza al Parco Forlanini di Milano, il 23 e 24 giugno.

Ai nostri microfoni, il responsabile di Arezzo Wave Puglia Carlo Chicco ci ha raccontato quali sono le novità di questa edizione:

«Innanzitutto è evidente il cambio di location del festival che si sposta a Milano. È una scelta che lascerà tutti soddisfatti, perché Milano è una piazza musicale importante, lì ci sono le case discografiche e le agenzie, le radio più importanti (Radio popolare è il media partner dell’evento). E poi per quanto riguarda il livello musicale dei gruppi che si sono proposti, vedo un incremento rispetto allo scorso anno: non è proprio una novità ma è una piacevole sorpresa. E ancora, ci saranno  ospiti internazionali, ma i nomi sono ancora top secret».

Sicuramente spostarsi a Milano è un cambiamento importante per un festival che ha come marchio il nome di un’altra città.

«L’Arezzo Wave aveva già cambiato location negli ultimi anni diventando itinerante. Abbiamo deciso di non cambiare nome perché è il nostro marchio di fabbrica e vogliamo dimostrare al Comune di Arezzo che la sua chiusura mentale rispetto a questo festival è nociva per la sua comunità, non per noi: l’hanno sempre visto come il festival dei frikkettoni (come succede un po’ per tutti i festival giovanili italiani), non calcolando l’importante indotto economico che un festival del genere, con tanti musicisti italiani ed ospiti internazionali, portava in quella settimana di live ai commercianti locali; hanno preferito l’estetica all’economia. Quella dell’anno scorso doveva essere l’ultima edizione del festival, viste le sue difficoltà economiche e l’opposizione ferrea delle amministrazioni locali; ma noi non ci siamo arresi e siamo riusciti in questo rilancio, grazie anche all’inserimento di Doc servizi».

carlo chicco barletta news

Come si sta muovendo la Puglia sul fronte musicale adesso che, almeno per il momento, tutto tace sul fronte Puglia Sounds?

«Questo silenzio di Puglia Sounds (che si sta riorganizzando per il prossimo Medimex) darà la possibilità ad altre realtà pugliesi di emergere, ad esempio in questi giorni  sta nascendo una nuova casa discografica a Foggia. Il problema di Puglia Sounds è che ha puntato su pochi nomi mentre bisognerebbe allargare il giro d’azione: adesso tutto sta implodendo, le radio non funzionano, le strutture non funzionano, ma  è proprio il momento di crisi che aiuta a far riemergere le giuste energie, che stimola un po’ la fantasia per riorganizzarsi. Per quanto riguarda il livello più strettamente musicale, al di là del sistema che c’è intorno, mi ha stupito che in Puglia ci siano davvero tutti i generi musicali rappresentati: mi ha fatto  sorridere che ci siano gruppi che fanno ancora reggae old school, gruppi che continuano imperterriti a copiare i format di rock italiano, c’è davvero tutto, dal rock al funk al cantautore alla sperimentazione elettronica e post rock (sempre però un po’ in ritardo rispetto all’Europa). Personalmente, in questo periodo sono più interessato alle formazioni elettroniche, ci sono un paio di progetti pugliesi davvero notevoli. Ad ogni modo, il problema è che le piccole formazioni continuano per secoli a fare live nei pub e nei locali dei paesi limitrofi e tutto si ferma lì:  bisognerebbe aiutare queste band, è quello che nel bene e nel male ha provato a fare Puglia Sounds, ma ora bisogna capire come continuare e migliorare quel lavoro».

In questo momento di crisi più o meno prolungata del settore musicale, quello che sembra resistere è proprio la musica dal vivo e i festival

«Si, adesso di festival ce ne sono veramente tanti, ognuno si fa il suo e a me piace che ci sia questo movimento; quello che mi dispiace invece è che a volte ci siano in giro sempre le stesse cose, che i festival si assomiglino un po’ tutti (tranne qualche eccezione) e questo poi fa un po’ perdere il senso del singolo progetto. Si dovrebbe provare a pensare un po’ più in grande e trovare una mission, pensare a cosa si vuole davvero costruire».