«Sarà perché il 23 scorso a Milano, presso Palazzo Reale, è stata inaugurata una monografica del talento barlettano Giuseppe De Nittis , durante la quale verranno esposti circa  90 dipinti – interviene Michele Grimaldi, già responsabile dell’Archivio di Stato di Barletta per ricordarci l’anniversario –  tra oli e pastelli, provenienti dalle principali collezioni pubbliche e private, italiane e straniere, tra cui il Musée d’Orsay e il Petit Palais di Parigi, i Musée des Beaux-Arts di Reims e di Dunquerke, gli Uffizi di Firenze, oltre allo straordinario nucleo di opere conservate alla GAM di Milano e una selezione dalla Pinacoteca di Barletta, intitolata al Pittore, che ne conserva un eccezionale numero a seguito del lascito testamentario della vedova Leontine De Nittis, che quest’anno il 178° anniversario della nascita del famoso ed amatissimo pittore barlettano, ha assunto rilievi del tutto particolari.

Lascio a chi di competenza (Amministrazione comunale in primis) l’onore e l’onere delle manifestazioni varie ed eventuali, da parte mia non posso far altro che raccontare la “Storia” di questo incredibile artista analizzando i documenti conservati presso la Sezione di Archivio di Stato di Barletta.

Giuseppe Gaetano De Nittis nacque a  Barletta nel 1846, figlio quartogenito di don Raffaele De Nittis e donna Teresa Emanuela Barracchia. Prima che nascesse, il padre, in quegli anni amministratore delle Regie Saline, fu arrestato per motivi politici  e appena uscì di prigione due anni più tardi, caduto ormai in disgrazia, si tolse la vita. 

L’infanzia di Giuseppe De Nittis, come si può ben comprendere, segnata dalla morte di entrambi i genitori, fu tutt’altro che serena. Così, fu educato dai suoi nonni, prima e da suo fratello Vincenzo, poi. A Barletta, quando ancora era un giovinetto, De Nittis iniziò a prendere lezioni di pittura da Giambattista Calò, maestro di scuola napoletana, il quale da subito notò le straordinarie doti dell’allievo e non mancò mai d’incoraggiarlo. I suoi fratelli, invece, ed in particolare il maggiore, Vincenzo, tentarono d’opporsi al desiderio del piccolo Giuseppe di coltivare le proprie doti artistiche, affermando che la vita dell’artista gli avrebbe procurato più dolori che gioie e soprattutto lo avrebbe condannato ad una sicura povertà. Ma, gli ammonimenti dei fratelli poterono davvero poco. Il piccolo Giuseppe aveva chiara consapevolezza della propria vocazione artistica, e ferma volontà di coltivarla. Aveva 15 anni quando si recò a Napoli e s’iscrisse all’Accademia di Belle Arti. Di lì inizio il breve (purtroppo) cammino che lo porterà ad entrare nel novero degli artisti più famosi ed apprezzati di sempre grazie “alla sua “visione artistica di metà Ottocento, immersa in quel suo universo così tanto moderno quanto elegante nel tratto, nelle forme, nei paesaggi, nei volti e nelle figure”.

Ma, raccontato per sommi capi la sfortunata infanzia di De Nittis, mi piacerebbe soffermarmi (da esperto archivista) sul non tanto trascurabile (anzi!) busillis e cioè il corretto cognome di Peppino è De Nittis o Denittis? Per la legge è chiara ed inderogabile la norma che prevede l’ufficialità del nome e cognome riferita esclusivamente a quello registrato dall’ufficiale d’anagrafe. Detto questo leggiamoci l’atto di nascita che recita testualmente “L’anno milleottocentoquarantasei il dì 27 del mese di febbraio alle ore otto e quarto antimeridiane… è comparso Don Raffaele Denittis (notare il cognome) di anni ventotto, di professione Proprietario (in realtà sarà per diversi anni illuminato amministratore delle Saline di Barletta)…domiciliato in strada Cordoneria (oggi Corso Vittorio Emanuele n. 26), il quale ci ha presentato un maschio. Lo stesso è nato da Donna Teresa Barracchia (mi ripeto…notare il cognome) ne giorno venticinque del mese di febbraio anno 184sei alle ore 18 italiane… Lo stesso ha inoltre dichiarato di dare al neonato il nome di Giuseppe Gaetano Denittis”. Tutto chiaro? Bene, abbiamo appurato sia la data esatta di nascita e cioè 25 febbraio 1846 e il cognome cioè Denittis un’unica parola, anche a in calce all’atto, dove si susseguivano le firme del dichiarante e dei testimoni, il papà del Pittore firmava “Raffaele de Nittis”. Tutto il resto è interpretazione di volontà che purtroppo non conta per la legge.

Infine prendo in esame la mamma del pittore, Maria Teresa Barracchia e qui l’annotazione non viene rivolta ad una persona che ha effettuato lo “svarione”, bensì, anche, alla ultra famosa enciclopedia Treccani. Come recita quella locuzione latina? Errare humanum est. Ebbene si, anche gli infallibili sbagliano, ahinoi! Infatti sulla Treccani il nome della signora Maria Teresa non è “Barracchia” bensì “Buracchia”.

Concludo con un invito… gli archivi sono lì per i motivi dei quali discutiamo. Saranno sempre lieti di accogliere tutti coloro che vorranno sapere come “documentalmente” sono andate le cose».