“Sola contro la mafia” è uno di quegli spettacoli di teatro civile che lasciano il segno, scuotono e difficilmente si dimenticano. Inserita nella stagione scuole del Curci, la pièce prodotta da Teatrermitage in collaborazione con Libera Puglia, è ottimamente interpretata da Arianna Gambaccini. La regia e l’adattamento portano la firma di Vito D’Ingeo. Nulla di inventato, tutto vero, in una storia tratta dal libro “Non la picchiare così. Sola contro la mafia” di Francesco Minervini (Edizioni La Meridiana). La vicenda risalente agli anni ’80, si dipana tra le città di Canosa, Cerignola, Margherita di Savoia e l’entroterra foggiano.

È incalzante, sul palco, il monologo di Maria (nome di fantasia della giovane canosina), protagonista di un amore malato che l’ha condotta sul baratro. La gravidanza, il senso di maternità, la nascita di un figlio, si rivelano fondamentali per il suo riscatto, per la sua salvezza. Vittima di violenze, percosse, (“sempre blu e rossa, i colori dei lividi e delle ferite”), dopo essere stata annientata nel rispetto, nella libertà, nella dignità da un boss della mafia cerignolana (Vito) che la considera di sua proprietà, possedendola a suo piacimento anche per le operazioni e i traffici illeciti, Maria riuscirà ad uscire dal baratro.

“Addosso solo il mio coraggio” dice con fermezza Arianna Gambaccini, nei panni di Maria. La donna con le sue forze si sottrae al suo uomo-padrone-aguzzino, padre di suo figlio. “Sono figlio dell’amore di mia madre”, sostiene, invece, Claudio (pseudonimo attribuito al ragazzo).

Testimone di giustizia, Maria continua ancora oggi a girare l’Italia. Ha contribuito a sgominare uno dei più efferati clan della quarta mafia. “Sono costretta ad essere un’altra” afferma l’artista riportando le frasi della donna che ha scelto di non lasciare la penisola. Vorrebbe tornare nella sua Puglia. Sotto protezione, è stata costretta a cambiare varie identità. La sua esistenza è una sorta di prigionia legalizzata, si dichiara vittima di mafia vivente, abbandonata dalla giustizia e dalle istituzioni in cui ha creduto fermamente.

“La storia di Maria non è ancora terminata. La vicenda vera è solo una parte di questo racconto” commentano a fine spettacolo il regista Vito D’Ingeo e l’attrice Arianna Gambaccini rivolgendosi agli studenti. “Nel testo di Minervini gli atti del processo celebrato a Foggia, quasi 30 anni fa. Molti detenuti a breve usciranno dal carcere. Noi continuiamo a sapere di Maria, tramite il suo avvocato. Mafia e violenza sono spesso vicine alle nostre abitazioni, trovano terreno fertile tra l’indifferenza. Di qui l’impegno del teatro civile, del coinvolgimento di scuole e cittadini” conclude D’Ingeo.

a cura di Floriana Tolve