Retrocesso in Eccellenza in una partita che è stata lo specchio di tutta la seconda parte di stagione. Ritratto della prestazione del Barletta nel ko di Angri, 1-0 che ha scritto la parola fine su una stagione iniziata male e conclusa peggio, con una discesa di categoria sul campo che ai colori biancorossi mancava da 22 anni. Come sempre accaduto da dicembre in avanti, con una sola vittoria nelle ultime 23 partite, si è vista una squadra volenterosa ma punita dagli errori individuali di una rosa infarcita di limiti e povera di leader, morali e tecnici. Il grossolano blackout di Capone ha provocato il rigore trasformato da Palmieri e sancito la parola fine su un’annata sportiva che ha avuto il sapore di un’agonia. Già, perché gli errori tecnici sul campo sono preceduti dai tanti, troppi segnali che solo chi ha scelto di voltare la testa dall’altra parte – e per mesi non sono stati in pochi – non ha potuto cogliere. La nostra redazione sportiva ha parlato per tanto tempo delle falle del progetto Barletta 1922, anche mentre altri si spellavano le mani con gli applausi per annunci di mercato roboanti (vedi alla voce Schelotto, poi sceso dalla nave appena i marosi si sono palesati) o snocciolando i curricula del direttore sportivo Gigi Pavarese, la stessa persona capace in estate di sostenere di avere la presunzione di aver allestito una squadra che potesse “giocarsela con tutti”. Ed è vero, perché il Barletta è sceso in campo contro tutti, ma vincendo pochissimo e perdendo tanto. Fino a salutare una Serie D riconquistata a fatica due estati fa dopo sette anni di calvario sui campi di Eccellenza.

Il responsabile numero uno ha un nome e un cognome: Mario Dimiccoli. Toccherà a lui, che intanto ha intrapreso una trattativa per la cessione del club all’imprenditore campano ma di stanza a Roma Francesco Agnello, dare alla piazza quelle spiegazioni che 3000 e passa abbonati meriterebbero dopo una stagione umiliante, in cui è stata fatta passare per “squadra in grado di andare oltre il quarto posto” quella che era una scatola vuota. Ma attenzione, Dimiccoli non ha certo agito da solo: è stato legittimato dai silenziosi assensi di chi ha lavorato con e per lui, dagli sponsor che hanno obbedito al diktat di non sponsorizzare le dirette di Telesveva mentre distribuivano prebende anche su prodotti editoriali che hanno un solo lettore. E che dire poi dello staff comunicazione, quello che ha avallato la scelta di impedire per mesi ai tifosi – gli stessi che hanno versato soldi con abbonamenti e sponsor, quelli usati per allestire la squadra – potessero commentare i post social del Barletta: in Corea del Nord, probabilmente, c’è più dignità. Dimiccoli in fondo ha fatto quello che ci aspettavamo dall’estate anche perchè poteva contare su una flotta di complici. Che hanno perso ogni forma di credibilità per far calcio in città. Noi non ci uniremo allo stormo di figuri che adesso si fionda ad affermare “l’avevo detto anch’io”. A loro diciamo buon pranzo sui resti del Barletta, ma siete solo avvoltoi.