Altri episodi terribili e agghiaccianti riempiono le pagine di cronaca cittadina. Realtà che prosegue con un lento stillicidio negli ultimi anni. Questa volta ci riferiamo alla sparatoria avvenuta in pieno centro città e all’accoltellamento di un uomo di nazionalità marocchina sulla litoranea “Pietro Paolo Mennea” di Ponente. Ieri mattina il Comitato Provinciale Per l’Ordine e La Sicurezza Pubblica si è riunito presso la Prefettura a Barletta, e il prefetto Silvana D’Agostino ha chiarito: «Daremo un segnale concreto e tempestivo» soprattutto in riferimento alla sparatoria di lunedì sera. Questa volta non ci sono state gravi conseguenze per le vittime, ma l’escalation continua a turbare la cittadinanza. Non si tratta di casi che coinvolgono direttamente giovani del nostro territorio come nei gravi fatti precedenti, dove le vittime sono stati sempre giovani barlettani.
Come noto, a Barletta, secondo i dati ufficiali della Prefettura e del Ministero dell’Interno, negli ultimi 4-5 anni si sono registrati in totale 4 omicidi. L’impatto mediatico e sociale è sicuramente forte poiché le vittime appartenevano tutte alla categoria di giovani. Questi sono solo la punta dell’iceberg: ciò che è in aumento è sicuramente la percezione d’insicurezza. Perché ci sono una serie di altri “piccoli” reati che continuano a deturpare la tranquillità della città.
Sul tema della sicurezza in città, Barletta si è interrogata e ancora s’interroga sulle soluzioni da offrire anche da parte della politica locale. Infatti, il consiglio comunale dello scorso 6 agosto ha unanimemente approvato un punto riguardante “interventi e azioni urgenti per la tutela delle giovani generazioni, il contrasto allo spaccio di stupefacenti e la salvaguardia dell’immagine della città”. È certo dunque che il problema viene avvertito in città e ci si sforza di dare risposte.
Sparatorie, accoltellamenti, gambizzazioni, rapine, furti, spaccio di droga e molto altro contribuiscono a dare un’immagine non positiva del nostro territorio. Non dunque i giornali che raccontano unicamente la verità relativa a ciò che accade.
Tuttavia la politica è tenuta a offrire concrete risposte. Non con eventi-spot ma intervenendo seriamente a livello sociale e culturale, perché non possiamo attendere che la criminalità si possa prendere tutti i nostri giovani.
La realtà pretende più risposte, pretende un analisi del problema. Serve una mappatura sociale e urbanistica del disagio, delle varie zone, dando vita a quella riappropriazione civica di esse, come insegna la sociologia urbana. Di cui esiste una nutrita letteratura cui rifarsi, come ha proposto la consigliera Santa Scommegna con un interessante intervento durante la riunione del 6 agosto della massima Assise cittadina. Serve una task force vera e propria, multidisciplinare. Affidarsi ad esperti di marginalità sociale, educatori, sociologi, urbanisti e rappresentati delle forze dell’ordine, ma anche delle famiglie. Serve sapere dove si concentra il disagio e perché. Dove si perdono i ragazzi. Dove e cosa manca, quali servizi. Dove le luci sono spente (non solo quelle fisiche).
Ovviamente la cronaca si riempie di episodi criminosi ben più grandi, che non sono certo alla portata della gente comune, rendendo ancor più importante il segnale di sostegno alle Istituzioni preposte e alle forze dell’ordine. Il crimine va combattuto a ogni livello. Quello che è stato fatto nessuno lo discute, ma evidentemente non basta. Non lasciamo il vuoto intorno ai nostri ragazzi, guardiamo negli occhi la realtà. La sicurezza si costruisce riempiendo gli spazi vuoti.