Barletta, la pacifica e temibile città marinara. Nel 1459 è la città più sicura di tutto il regno, ormai in subbuglio angioino che ostacolerebbe la sua legittima investitura e incoronazione, di Ferdinando I d’Aragona, voluta anche dal nuovo pontefice Pio II, all’indomani della morte di suo padre (Alfonso d’Aragona). La solida e affidabile città di Barletta – una delle primissime Civitas regia sin dal lontano 1190 -, si prospetta città marinara del regno di Napoli, anche per le sue sicurezze militari, istituzionali e commerciali». Introduce così la sua nota il presidente del Centro studi Cittadella Innova Nicola Palmitessa che attraverso il racconto della “Congiura dei Baroni” si riconduce alla situazione politica attuale.

 

«Spiazzati i tranelli angioini, con il suo esercito per la sicurezza del regno, si avvierà da Napoli verso le città della Capitanata per giungere dopo circa un anno a Barletta. Ma altre ombre avverse prospettano ombre, con la congiura dei baroni. Il primo scontro (1459-1462) La guerra contro i Baroni del 1459-62 si era conclusa aspramente, ma con una chiara vittoria del Re. Egli aveva potuto allora riprendere con maggior sicurezza la sua politica, innovando nella legislazione fiscale e feudale, mortificando cioè le prerogative baronali, estendendo il potere della Corte e dello Stato, riorganizzando la vita economica e commerciale del Regno. Le città demaniali crebbero, anche se in misura pur sempre inadeguata, ed i Baroni subirono per qualche lustro la iniziativa regia.

Il Re aveva allora ottenuto l’aiuto di molti capitani italiani, ai quali si era aggiunto un contingente di 1000 fanti e 700 cavalieri approdati dall’Oltremare adriatico e guidati da Giorgio Castriota Scanderbeg. Il grande sconfitto di quella guerra fu Giovanni Antonio Orsini Del Balzo, principe di Taranto, morto ad Altamura nel 1463, per tenaci avversioni al re, (nonché Duca di Bari, Conte di Lecce, Conte di Acerra, Conte di Soleto e Conte di Conversano, Signore di Altamura, etc.). Questo principe, 1446 fece perdere ogni importanza al porto di Brindisi (che durò circa tre secoli) in seguito della ostruzione del canale d’ingresso. Egli ritenne di difendere in modo maldestro i suoi domini da un presunto attacco dei Veneziani (1446). In realtà fu solo un’isterica e calcolata reazione agli aragonesi. All’ombra del nuovo e buon governo, trascorre ormai l’insospettato, lungo tempo di un quarto di secolo, quando riemerge lo spettro di una seconda congiura. La Congiura dei Baroni (1485-1486), fu una resistenza opposta dai Baroni recalcitranti all’opera di modernizzazione dello Stato. Lo scontro era sorto attorno problema di una riforma organica dello Stato: riduzione del potere baronale, lo sviluppo della vita economica e la promozione a classe dirigente dei nuovi imprenditori e mercanti delle città demaniali del regno. Strumento di questa politica, fu la riforma fiscale, che affidava nuovi compiti ai comuni (le Università), incoraggiandole a sottrarsi, per quanto possibile, al peso feudale. Allora nel Regno di Napoli, su 1550 centri urbani, solo poco più di un centinaio erano assegnati al regio demanio, cioè alle dirette dipendenze del Re e della Corte, mentre tutti gli altri erano controllati dai Baroni.

Presto, i Baroni tennero alcuni convegni a Venosa ed a Miglionico, che era castello del Bisignano, e ad essi parteciparono in prima fila, in rappresentanza ufficiale del Re, il suo Segretario Petrucci ed il Coppola. Nel settembre del 1485, si ebbe l’incontro decisivo a Miglionico, nel Castello del Malconsiglio, ove partecipò anche il Re. Perciò, giunto il Re a Miglionico, da tutti quei che vi si trovarono fu ricevuto con ogni onore: non si rimase di concedere loro ciò che gli chiedevano, così dintorno alle gravezze come agli obblighi personali; ma anche li riprese amichevolmente, lamentandosi con loro che per ottenere quelle cose avessero piuttosto voluto torre l’armi, che nella sua benignità confidare, e raccomandò loro di convincere anche gli assenti, ed in primo luogo il Principe di Salerno, a sottoscrivere la pace. I Baroni sembrarono soddisfatti di ciò che al re era piaciuto concedere loro. Per rendere più sicuro lo stesso re, lo vollero accompagnare fino a Terra di Lavoro. Avrebbero poi proseguito verso Salerno, per smuovere il recalcitrante Antonello Sanseverino e, come avevano promesso, fargli accettare le convinzioni. Ma il re, contravvenendo i patti, fece imprigionare e giustiziare i baroni più esposti nella congiura fino al 1487 al Castel Nuovo di Napoli: nella sala dei Baroni furono infatti arrestati e uccisi gli ultimi esponenti della congiura Fu lo stesso Ferrante I d’Aragona che invitò nella sala i baroni, con la scusa di celebrare le nozze della nipote. In realtà questa era una trappola: i baroni furono arrestati e messi a morte.

Pirro del Balzo (1430-1491), IV duca di Andria, conte di Montescaglioso, principe di Altamura, fu uno dei protagonisti della Congiura dei baroni. fu tra i baroni che giurarono di continuare la lotta contro il sovrano. Scoperto per i suoi accordi con Roberto Sanseverino, principe di Salerno, Pirro fu arrestato insieme con numerosi altri baroni il 4 luglio 1487 e rinchiuso in Castelnuovo, da dove non uscì più. Tutte le sue proprietà furono confiscate e finirono nelle mani di Federico d’Aragona, il genero. Per saperne di più,sui grandi benefici per l’intero regno e la città di Barletta (cfr. Nicola Palmitessa, Barletta, la città marinara del regno. 2017). In questo contesto storico-politico, ci sarebbero analogie tra il rinnovamento del regno di Napoli e l’attuale nuova e legittima governabilità della città di Barletta? Una cosa è certa, se re Ferrante era ben stimato da Pio II (vero artefice di un rinnovamento degli Stati-italici e d’Europa), anche l’attuale sindaco troverebbe autorevole consenso da Mons. Filippo Salvo (Vicario della zona pastorale) nel proseguire la rotta giusta per una nuova governabilità».