Sabato 11 giugno è stato ordinato prete nella suggestiva cornice del Duomo di Milano. La sua figura di prete-arbitro ha incuriosito ed affascinato i più al pari della sua preparazione che lo ha portato dalla Bocconi fino alla Duke University In Nord Carolina. Stiamo parlando di don Michele Porcelluzzi, barlettano d.o.c ed attualmente parroco presso la Basilica di Sant’Ambrogio a Milano. Con lui abbiamo parlato della suo percorso di fede, del suo rapporto con la nostra città e con l’arbitraggio visto come scuola di vita.

Don Michele, partiamo dalla cerimonia di sabato. Che emozioni hai provato?

«Erano più di 10 anni che sognavo questo momento: non posso essere che felicissimo. Certamente, sento il peso degli incarichi che mi sono stati affidati e delle altissime aspettative dell’Arcivescovo e dei fedeli delle parrocchie che mi sono state affidate».

Don MIchele intento a celebrare messe nella Basilica di Sant'Ambrogio a Milano
Don MIchele intento a celebrare messe nella Basilica di Sant’Ambrogio a Milano

 

Quanto ti ha fatto piacere la folta presenza di amici provenienti da Barletta?

«Mi ha molto meravigliato e mi ha fatto molto piacere. Oltre ai miei parenti e alla rappresentanza della Sezione Arbitri di Barletta sono arrivati a Milano anche molti amici barlettani. Non me lo aspettavo».

Il momento dell'ordinazione di don Michele ripreso da uno schermo all'interno del Duomo di Milano
Il momento dell’ordinazione di don Michele ripreso da uno schermo all’interno del Duomo di Milano

 

Il percorso che ti ha condotto fino all’ordinazione sacerdotale ti ha condotto in diverse parti del mondo, dagli USA alla Papua Nuova Guinea, ma in tutto questo “vagare” quanto è rimasto del tuo legame con Barletta?

«Sono molto legato a Barletta La nostra città ha una devozione particolare per la Madonna e questo senza dubbio è un sentimento che mi appartiene e che porto sempre con me ovunque io vada».

Che emozione rappresenterà per te celebrare la prima messa nel lunedì della Festa Patronale?

«Non sono una persona molto emotiva: penso sia una buona occasione per proporre una riflessione sul valore che la Festa della Madonna ha per ogni barlettano. Da qualche anno a Barletta manca un genuino senso di comunità: la precarietà economica e politica penso siano dovuti anche a questo. Penso che abbiamo bisogno di riti condivisi che suscitino e custodiscano il legame comunitario. La Festa Patronale è uno di questi e non va vista con sprezzo o con aria di sufficienza».

La Madonna dello Sterpeto in processione
La Madonna dello Sterpeto in processione

 

Altra emozione sarà la celebrazione del primo matrimonio che ho saputo essere un matrimonio misto, ci spieghi un po’ di cosa si tratta e come funzionerà?

«Sposerò un mio carissimo amico barlettano che lavora all’estero con la sua ragazza turca, non battezzata. Si chiama “misto” o “interreligioso” proprio per questo. Non verrà celebrata una Messa: la sposa infatti non riceverebbe l’Eucarestia e ci sarebbe una disparità tra i due. Sarà celebrato il solo rito del Matrimonio, con qualche piccola modifica di alcune preghiere. Non si tratta di un evento eccezionale: il libro liturgico del Matrimonio prevede questo specifico rito nel caso in cui uno degli sposi non sia battezzato».

Veniamo alla tua passione, l’arbitraggio. Come sei riuscito a conciliarla con i tuoi impegni e come ti ha aiutato nel tuo percorso di crescita?

«Durante l’Università, in Lombardia, non avevo la macchina e mi muovevo sempre con i mezzi pubblici, partendo a volte molto presto e tornando molto tardi. Da quando sono in seminario arbitro pochissimo, specie durante le vacanze di Natale o nei primi giorni di settembre. Penso che arbitrare possa insegnare molto. L’attesa della designazione domenicale penso possa far comprendere che Dio ha un progetto di felicità per ognuno di noi: ognuno è designato per essere santo, cioè veramente felice, anche se in un modo diverso per ciascuno. O ancora, la fatica della preparazione estiva, in cui miglioramenti tardano ad arrivare, può far intuire anche il dolore può portare dei frutti».

Don Michele e il presidente della sezione AIA Barletta Savino Filannino
Don Michele e il presidente della sezione AIA Barletta Savino Filannino

 

Infine, dall’esterno, come vedi la nostra città? Quanto ti manca?

«A Barletta si vive bene, abbiamo uno stile di vita invidiabile. Mi manca moltissimo. Mi spiace constatare che i barlettani non credano in se stessi e che non riescano ad investire le loro risorse in modo serio sul territorio. Dovremmo chiederci seriamente cosa si può produrre a Barletta in questo momento per poi sviluppare progetti a lunga durata e attrarre investimenti anche esterni alla realtà locale».