Un pugno allo stomaco. Che sa di ko, dopo i dati diffusi da Legambiente che evidenziavano la presenza di Barletta tra le 5 spiagge più inquinate di Puglia. Quello che le parole non dicono traspare da una foto pubblicata sulla pagina Facebook “Barletta Fotografica” da Fabio Porreca, abitante della Città della Disfida indignato dai liquami e gli sversamenti grigi visibili a occhio nudo sul litorale di ponente dedicato a Pietro Mennea. Così, se la Freccia del Sud alla quale i chilometri di litoranea sono dedicati correva più veloce di tutti, a Barletta si va indietro. E non da poco tempo.

Le immagini parlano da sole: sono quelle che da anni ormai i cittadini barlettani vedono e vivono. Un canale che taglia in due la spiaggia, con un acqua tutt’altro che cristallina. E chiedersi cosa manchi a Barletta per diventare una “piccola Miami”, come da tanti auspicato, appare quasi pleonastico. Lo sottolinea anche l’avvocato Michele Cianci del Comitato Operazione Aria Pulita: «Non è possibile bagnarsi in questo mare e, cosa più grave, se non vi sono specifici divieti di balneazione i bagnanti, fiduciosi nei responsabili dell’amministrazione, ritengono di poterlo fare –denuncia Cianci- non è possibile che nel periodo di ferragosto si vedano, come in questi scatti, bimbi che giocano tra le acque grigie e schiumose a causa di ignoti fenomeni provenienti dai canali di scarico. Chi farebbe un bagno in un mare così evidentemente compromesso? Chi si rinfrescherebbe con acqua grigia e schiumosa. Stiamo assistendo ad una inerzia di coloro che dovrebbero tutelare i diritti primari dei propri concittadini».

Fare muro, in particolare se di gomma, non giova a nessuno, barlettani in primis: «Ad oggi non si hanno ancora i verbali della seduta provinciale de 12 maggio e pur girando voci insistenti su dati allarmanti relativi al monitoraggio ambientale, mai smentite dalla Pubblica Amministrazione. I cittadini hanno il diritto di sapere in quali acque si bagnano i propri bambini e su quali sabbie giocano –aggiunge Cianci- ho avuto notizia che addirittura nel reparto di neonatologia barlettano non funziona la climatizzazione e i neonati sono costretti a fruire di area calda, irrespirabile ed intrisa di odori nauseanti. A questo punto il comitato che rappresento ritiene di dover procedere per via giudiziaria laddove non si faccia chiarezza su tali questioni ma soprattutto laddove nell’immediato non si portano i barlettani a conoscenza dei dati del monitoraggio pagato con i soldi dei contribuenti ovvero si chiede a gran voce che vengano smentite le voci circa la nocività dei dati rilevati nelle falde e nei terreni adiacenti le aziende insalubri. Dalla carta, quella che vede Barletta come un potenziale polo d’accoglienza turistica per dimensioni, strutture ricettive, panorama e attività ricreative, alle carte, legali, il passo rischia di essere breve».