Palazzo Tresca a Barletta/2

«Da settimane tiene banco a Barletta la discussione sul futuro di Palazzo Tresca e dell’ex Cartiera. Per entrambi i casi, come ben noto, vi è la volontà dei privati titolari dei suddetti beni di riqualificare e dare nuova linfa agli stessi. Ancora una volta la farraginosa legislazione italiana e regionale non riesce a fornire risposte concrete e sbuca l’ipotesi di un vincolo d’interesse culturale da parte della Soprintendenza delle Belle Arti e Paesaggio». E’ quanto scrive l’ASSINPRO, l’Associazione degli Industriali ed Imprenditori della Provincia BAT. «La domanda sorge spontanea: “Secondo Voi i barlettani sono per lo sviluppo della città o per continuare a tenere ferma una città per colpa di tali ‘vincoli’ che emergono soltanto quando si concretizza l’avvio di un’opera o la stessa diventa oggetto di cantierizzazione?” E perché la loro conoscenza non può essere oggetto di conoscenza prima che si metta in motto la complessa macchina che coinvolge tecnici, amministrazioni, imprese, risorse economiche ed anche legittime aspettative di associazioni votate alla salvaguardia del patrimonio di una città? Non abbiamo interessi, non rappresentiamo nessuno dei soggetti privati interessati, chiediamo solo, nel rispetto di regole e norme certe, lo sviluppo di questa città. Sviluppo che non significa speculazione, ma ammodernamento, rigenerazione, efficienza energetica, confort, edilizia sostenibile ed altro. Anche “lavoro”, e perché no? Per Palazzo Tresca si concede inizialmente il permesso per la ristrutturazione per poi ipotizzare il ‘vincolo’, consentire di transennare l’area e poi bloccare il cantiere».

«Qualche mese fa – riepiloga la nota – la sospensione del permesso a costruire nell’area adiacente allo stabilimento Timac Agro, nonostante, la presenza di altre strutture residenziali a due passi dallo stesso stabilimento. E poi la questione ‘infinita’ dell’area della ex Cartiera che potrebbe essere riqualificata e rappresentare un balcone sul mare al posto di sterpaglie e abbandono, registra, invece, la presunta “dichiarazione di interesse culturale” formulata il 12 giugno dalla Soprintendenza Foggia Bat. Chi pagherà il ‘danno economico’ ai privati? E chi il danno di immagine ad una Città che sembra, tra le altre cose, di non essere degna di un futuro certo? Saranno, purtroppo ancora una volta i barlettani? E’ questa la tutela del ‘diritto pubblico’ al quale ha fatto riferimento qualcuno? E quali i “doveri del pubblico amministratore“? Al ‘costruire’ purtroppo si preferisce sempre il ‘demolire’ o l’immobilismo a tutti i costi per l’incapacità di assumere decisioni. Rispettosi della legge, rispettosi di iniziative certe frutto di intese pubblico-privato, ma anche rispettosi di normative e tempistiche certe, ci auguriamo che ben presto la politica possa chiarire tali questioni. Non è possibile che Barletta sia soggetta ad un Piano Regolatore Generale datato 1971, che ad ogni cambio di Amministrazione registra un avvio che poi si spegne in maniera sistematica, perché chi subentra ritiene di ricominciare l’iter avviato dal suo predecessore. Non è possibile che non si riesca ancora ad avere un nuovo Piano Urbanistico Generale. Non è possibile – conclude la nota – che PPTR e Città Consolidata possano consolidare una città che non è consolidata. Barletta in 50 anni crediamo sia cambiata parecchio! Pare, però, che non sia cambiata la politica! Da industriali, da imprenditori, da persone pragmatiche vogliamo costruire una Barletta migliore, rilanciare il tessuto economico-sociale della stessa, rendere Barletta vivibile per i barlettani e per i tanti turisti che oggi affollano la nostra città. La Barletta che deve spiccare il volo, non può essere ‘bloccata’ dalle carte o da una burocrazia “a gettone”!»