Vincenzo Fugalli di Luigi e Tresca Maria, nasce a Barletta il 6 settembre dl 1919 in via Marina n.12.

All’età di due anni, con la famiglia, parte per Treviso ove il padre lavorava.

All’età di 22 anni parte come volontario al servizio militare entrando a far parte del 7° Reggimento Alpini a Belluno dove con il grado di Sotto Tenente di Complemento parte con l’Armir in Russia. Il 24 dicembre del 1942 scrive una lettera ai famigliari per sincerare le sue condizioni di salute: “Carissimi, perdonate il ritardo inevitabile di questa mia: dovevo scrivere ancora da una settimana fa, quando un colpo improvviso ci ha fatto levare le tende e mettere in cammino per altri lidi. Cammina, cammina e la lettera deve ancora partire. Finalmente arriviamo a destinazione: nuove responsabilità, nuovi pensieri, nuovi compiti, nuove sistemazioni; finché quando si può tirare il fiato, si tira fuori anche la lettera e si scrive… Così come ho fatto adesso. Vi dicevo che questa vita mi piace affatto perché è piena di imprevisti e di sorprese. Oggi siamo qui, domani siamo là, con uno spirito di adattamento così assoluto da farci invidiare dagli stessi nomadi di professione. Siamo giovani e il nuovo, con qualunque aspetto ci si presenti, ci sembra bello e desiderabile. Tutto questo per dirvi che sono contento di aver cambiato, anche se ora la vita è meno comoda di quella di prima, anche se il senso di responsabilità si fa più serio e più accorto; qui per la prima volta mi sento uomo responsabile del benessere di altri uomini.. E non mi sono mai sentito più orgoglioso e più fiero e più tranquillo di adesso. Sarei felice se sapessi che tra di voi ci fosse soltanto un poco della mia tranquillità. Siate sereni: ho la convinzione assoluta che non mi potrà mai capitare niente anche se camminiamo in mezzo alle mine e se andassi a cento assalti. È proprio così: io sento che mi andrà tutto bene, qualunque cosa capiti, e voi sapete che questi intimi, profondi presentimenti non sbagliano mai… Non crediate per questo che io sia imprudente e non accorto: la testa l’ho sempre ben piantata sulle spalle e mi serve per pensare prima quello che devo fare dopo. Qui per ora è tutto calmo, si aspetta, si sta all’erta, ci si fortifica, e si desidera che qualche russo venga a ficcare il naso ogni tanto nel reticolato: purtroppo questo non è ancora accaduto ma continuiamo a sperare. La soddisfazione che provo ad essere il capo, il confidente, l’amico di questi ragazzi magnifici sarà certamente la più bella di tutta la mia vita. Meno mangiano e più lavorano, meno dormono e più sono svegli, quando il sacrificio è maggiore, maggiore è la loro allegria. Non si potrà mai parlare abbastanza bene di questi affetti. Ormai mi vogliono bene, cominciano a stimarmi, hanno fiducia di me: è perché sentono il mio affetto, la mia stima, la mia fiducia. Vorrei raccontarvi di ognuno di loro perché uno è migliore dell’altro. Ho ragazzini di appena vent’anni e reduci dell’Africa, dell’Albania, della Francia, del Montenegro, molti hanno già famiglia, molti raccontano dei figli lontani ma nel dovere, nel servizio gravoso, nell’obbedienza, nella compassione reciproca. Sono tutti uguali, sono tutti alpini. Questa è la notte di Natale, sto scrivendo intanto nel ricovero che è attiguo al mio, stanno intonando la Pastorella e si dimenticano persino del rancio che tarda ad arrivare. Fuori nevica forte, si vede che il Bambino deve nascere anche qui, l’ambiente è quanto più propizio e suggestivo. Le vedette hanno un po’ freddo e molta nostalgia, vado fuori… È un chi va là continuo che si ripete lungo tutta la trincea, rispondo sempre con le stessa parola, la sola che lasci il passaggio: “Bruto Guadagnini, in gamba” “Sei tu Careggio? Tira gli occhi” “Paco Leali, stai attento che questo è un posto delicato”. Poi rientro al mio ricovero e sul tavolo ben stesa c’è una busta bianca: “S.t. Fugalli signor Enzo” – apro e sono gli auguri della mia squadra e sono tanto contento. Domani quando sarà giorno e potremo finalmente provare un po’ a dormire pur con le eterne scarpone ai piedi, sognando il Bambino e il nostro sogno sarà roseo e innocente come quello dell’infanzia. Qui si diventa buoni. Buon Natale, pace tanta, Enzo.”

Questa lettera sfortunatamente non raggiunse mai la famiglia che con ansia attendeva e sfortuna volle che Vincenzo perì il 26 gennaio del 1943 durante la battaglia di Nicolajevka.

Molti anni dopo un reduce di guerra, Tino Davini di Mantova, partendo spesso in Russia per il ritrovamento ed il rimpatrio di salme di soldati italiani, entrò in possesso di questa lettera che conservò all’interno di un libro. Questo stesso libro, dopo molti anni dalla scomparsa di Tino, fu riaperto dalla figlia Olga che trovò la lettera e decise che la stessa sarebbe dovuta tornare tra le mani della famiglia Fugalli.

Dopo diverse ricerche in cui vennero contattate le Associazioni Anmig e Ancr e con il prezioso aiuto del Direttore dell’Archivio di Stato Bari e sezioni di Barletta e Trani dott. Cav Michele Grimaldi, si è riusciti a rintracciare la nipote del Caduto: Serena Fugalli figlia del fratello di Vincenzo residente a San Giorgio a Cremano.