Rendere imperitura l’arte con l’arte stessa: è questa la fiaccola che Giuseppe Arcieri, giovane filmmaker barlettano, staglia orgogliosamente con la sua passione e col suo lavoro. Dopo il successo del cortometraggio C’era una volta il Covid, della monografia dedicata a Sergio Leone e dopo aver donato a Medea la possibilità di redimere i propri peccati con una palinodia filtrata dagli occhi dell’incorruttibilità, Arcieri si è ingegnato in una nuova sfida: la realizzazione di un documentario sulla vita e sull’arte di Maria Picardi Coliac, nota pittrice locale, giunta alla lodevole età di 96 anni.

«L’idea è nata lo scorso anno – ha dichiarato Arcieri –. Ho visionato su youtube una sua intervista e questo mi ha dato l’input. Di recente i numerosi articoli che celebravano i 96 anni dell’artista mi hanno stuzzicato, mi sono andato a documentare, mi sono informato su chi fosse, sullo stile delle sue opere e in occasione di uno degli eventi in cui lei apre il suo salotto e commenta alcuni dei suoi lavori, sono andato a casa sua. L’incontro è nato come un’intervista e si è sviluppato come documentario».

Viene facile appassionarsi all’estro di Maria, una donna che ha trascorso l’intera esistenza a nutrirsi di poesia, artigianato, pittura, rendendo il suo salotto una vera fucina di stupore targato acquerelli, pennelli, tele su cui tratteggiare racconti, ricordi, testimonianze, secondo un linguaggio personale, attraverso la sua preziosa emittente espressiva.

Insieme agli altri membri di Artinte, associazione culturale no profit che promuove l’arte e ne fa uno strenuo combustibile, Arcieri ha iniziato le riprese del documentario (confidando però di non aver ancora appagato la sua sete di “infiltrazione” e apprendimento di un mondo tanto policromo quanto iridescente), conversando con l’artista e rimanendo ammaliato dall’eco lontana, devota, sentita, delle sue parole.

«Maria mi ha aperto dei mondi – ha proseguito il videommaker –. Mi ha illustrato moltissimi quadri, secondo temi ben precisi, da quello della maternità, alle opere dedicate ai fiori o al circo. Alcuni lavori risalivano addirittura al ’39, quando lei era appena una bambina e già dipingeva, mentre studiava dal maestro Vincenzo De Stefano».

Il documentario di Giuseppe Arcieri serba dunque un sogno: imprimere nella memoria collettiva l’ardore e il genio di una pittrice che abita a soli pochi metri dalle nostre case e che devolve un lascito dal valore ramingo, che sfugge ad ogni stima, perché vuole essere libero. Il sogno nel cassetto di Artinte è renderle l’immortalità, così come Maria ha fatto coi soggetti e con gli oggetti dei suoi quadri.

«Vogliamo rendere omaggio a questa artista che nonostante la sua veneranda età dipinge ancora, regala ancora meraviglie e trasmette emozioni. Lei ci lascia un’eredità unica, di saperi, di vissuto, di passione per l’arte. Maria ne è catturata. Vogliamo rendere immortale con il mezzo cinematografico la storia di un’artista che ha sempre vissuto, che vive e che vuole ancora vivere per l’arte».

 

A cura di Carol Serafino