Un grido senza sosta, che ha necessità che l’afasia diventi voce, messaggio, soluzione: è il grido che troppo spesso si dissolve nel silenzio o nello sguardo indifferente di molti passanti, quello dei senzatetto che popolano gli angoli remoti di Barletta in condizioni degradanti.

Stranieri di passaggio dalla nostra città per dirigersi dai propri familiari, lavoratori stagionali nelle zone rurali o clochard senza fissa dimora, non hanno viveri, non hanno riparo, né vestiti adeguati alla bora invernale.

Spesso dimenticati, diventano per molti parte del “tessuto urbano”, un “accessorio” mimetizzato, a cui ci si è abituati e a cui non si fa più caso.

Eppure la loro è una presenza massiva, che dovrebbe suscitare l’opposto: una reazione, un’iniziativa di aiuto.

È quello che ha dimostrato e sta dimostrando con la propria azione l’Ambulatorio Popolare di Barletta, ponendo il servizio dei propri volontari al cospetto dei bisognosi e offrendo coperte, cibo e scarpe.

È iniziata l’Unità di Strada, con cui i volontari agiscono direttamente sul territorio, portando il necessario per sostentarsi e per scaldarsi alle persone che ne hanno bisogno.

Ma non solo: molto solida è infatti anche la rete associativa. L’associazione Barletta Sportiva, congiuntamente all’Ambulatorio Popolare di Barletta, ha iniziato una raccolta di scarpe da ginnastica usate da destinare agli indigenti.

È utile che la comunità cittadina capisca l’emergenza dilagante nella nostra città, acuita soprattutto dall’insorgenza delle temperature invernali, che rendono ancora più deprecabili le condizioni di vita dei meno fortunati.

Per questa ragione l’Ambulatorio Popolare di Barletta lancia un appello che si spera possa essere accolto dalla città: contribuire alla raccolta di coperte, scarpe e qualsiasi altro bene di prima necessità per aiutare chi non possiede niente e affinché “nessuno resti indietro”.

Chiunque voglia partecipare all’azione benefica e portare il necessario può recarsi presso l’Ambulatorio Popolare di Barletta in piazza Plebiscito 56.

Il cambiamento ha bisogno di “poco”… ma da parte di molti.

 

A cura di Carol Serafino