Ora che è trascorsa poco più di una settimana dall’inizio del nuovo anno, mi chiedo se abbiamo già disatteso i famosi buoni propositi. Quel lungo elenco di parole ansiogene che, nella migliore delle ipotesi, si conclude con un abbonamento per la palestra scaduto e mai utilizzato, nella peggiore, con una flebile sensazione di fallimento che fa da sottofondo alle nostre esistenze.

Che si dovrebbe scegliere sempre e comunque di vivere da persone libere, c lo dovrebbero ripetere fin dalla nascita, come una ninna nanna. Per questo, per una volta, poniamo in cima a quell’elenco una parola che ci consegna la libertà di andare e mandare via. La parola dimettere, che in tempo di crisi economica genera paura, è interessante dal punto di vista semantico, per il suo significato più antico e ora meno frequente. È un prestito latino, della prima metà del XIII secolo, da dīmĭttĕre e vuol dire ‘mandar via, sciogliere, liberare, abbandonare’.

Altro dalla lettera di dimissioni, parola che arriverà nella lingua italiana nel XVII secolo dal francese démission, che vuole trenta giorni di preavviso per informare che andremo via e, magari, potremmo anche ripensarci. Dimittere come abbandonare, perché non per forza dobbiamo rimanere dove e con chi non ci rende felici. Con buona pace del nostro cuore. L’etimologia di dimettere ci aiuta a recuperare la piena coscienza del lasciare andare come atto di lealtà e libertà verso noi stessi.

Facciamoci un favore: dimettiamo dalle nostre esistenze chi ci ostacola, chi non gioisce dei traguardi raggiunti, chi non riconosce il nostro valore. Congediamoli con l’onore che meritano, senza preavviso e con poche chiare parole. Come Clarke Gable, in Via col vento, quando con estrema serenità liquida Rossella Ohara, la donna che a lungo ha amato: “-Rhett, se te ne vai che ne sarà di me? -Francamente me ne infischio”.

Chi è Chiara Fiorella:Chiara Fiorella, insegnante e copywriter, è laureata in Filologia moderna all’Università degli studi di Bari, Aldo Moro. Docente di Lettere presso la Scuola Superiore II grado.