«Se un uomo o una donna, un attivista, una persona che si prodiga per la propria città e per il proprio quartiere, decide di intraprendere una o più battaglie con il comitato che rappresenta, andando a ledere gli interessi di qualcuno, e viene gambizzato, è mafia.
Se vogliamo, possiamo continuare a raccontarci le fiabe. Possiamo continuare a incolpare le serie televisive e i videogiochi violenti. Ma la realtà orbita su un’altra traiettoria. La realtà è che il circuito mafioso di questa città e di questa provincia sta proliferando in maniera quasi indisturbata. Appena qualche mese fa la DIA ha dichiarato che siamo il centro nevralgico che mette in contatto la malavita foggiana e quella barese, con forti infiltrazioni nel settore agricolo, dei carburanti e, ovviamente, in quello immobiliare.
Sono queste le cose che dobbiamo dirci. Il resto sono, come detto, favole che vogliamo raccontarci.
La nostra vicinanza e solidarietà a Giuseppe Di Bari non sono sufficienti. Sono doverose e necessarie, ma allo stato attuale dei fatti bisogna scendere in piazza. Giuseppe Dibari e tutto il Comitato 167 non sono assolutamente soli. Questo episodio deve rappresentare un punto di non ritorno, in cui la cittadinanza tutta, a qualsiasi livello, si stringa intorno a una persona per un ideale comune, creando comunità e senso civico. Per un futuro migliore. Questo episodio deve scuotere le coscienze e non può intimorire chi vuole avvicinarsi all’attivismo. Deve, anzi, spronare gli indecisi. Siamo tutti Giuseppe Dibari, non solo oggi ma da ora in avanti. Se iniziamo ad avere paura, abbiamo perso. Se ci giriamo dall’altra parte, facendo finta di niente, verremo presto soffocati da un sistema subdolo. Dobbiamo proteggere Giuseppe Dibari e la sua famiglia come se fosse la nostra. Perché lo è.
È per questo che il nostro gruppo si mette a completa disposizione per qualsiasi iniziativa. Chi lotta contro le ingiustizie, per il futuro, per cambiare le cose e per le giovani generazioni, avrà sempre il nostro appoggio fisico e morale. Le nostre risorse sono anche le vostre».








































