Il sindaco Pasquale Cascella e l'approvazione di Bilancio nel "mirino" dell'opposizione

L’ennesimo capitolo di un rapporto difficile e travagliato, quello tra Pasquale Cascella ed il Partito Democratico. Questo è quanto andato in scena venerdì in consiglio comunale, un consiglio che pur arrivando alla sospirata approvazione del rendiconto di bilancio 2015 ha lasciato strascichi come emerge dal commento che il sindaco ha affidato alla sua pagina Faebook.

 

«Che dire del Consiglio comunale di venerdì 17? Questa volta la maggioranza si è vista in aula, e ha approvato il bilancio consultivo (in assenza del quale si andava diritti allo scioglimento), anche se con 16 consiglieri anziché i 17 che dovrebbero garantire in aula il numero legale. Questo però non è venuto meno per la presenza in aula di parti delle diverse opposizioni.

Comprese quelle che ossessivamente invocano le mie dimissioni ma – guarda un po’ – continuano a non esporsi, con la presentazione di una mozione di sfiducia, anzi si rifiutano di farlo persino sul piano della testimonianza politica. Venerdì 17 hanno avuto modo, però, di approfittare delle tensioni che continuano a pervadere il corpo del centrosinistra. Le difficoltà dell’Amministrazione – emerse sin dal primo giorno e mai nascoste – sono ormai diventate logoranti per tutti. E il documento con cui il capigruppo del Pd, ad appena tre mesi dalla revisione della giunta per renderla espressione diretta delle forze politiche della coalizione, ne è solo l’ultima espressione.

L’annuncio del ritiro della delegazione del Pd a favore di una giunta tecnica, ha costituito un indubbio colpo di scena. Ma aderisco anch’io al Pd, e non posso che ritenermi “estraneo” alla concezione della politica che quel documento esprime. E vorrei dire che lo considero estraneo alla stessa cultura politica che il segretario-premier esprime, oltre che alla tradizione della sinistra riformista. Comunque, ho voluto rassicurare i detrattori dell’Amministrazione: a nessuno piace tirare le cuoia ma, a differenza di quel che diceva Andreotti, non per questo si deve tirare a campare. La democrazia vive anche di confronti e di scontri, in campo aperto e su posizioni chiare.

Per questo, proprio per il rispetto dovuto al ruolo del partito di maggioranza relativa, ho detto che se il Pd intende tirarsi indietro dalla giunta politica insistentemente rivendicata sinora, attenderò che formalizzi il ritiro dei suoi assessori, ma non per questo si passerà a una giunta tecnica né per un giorno, né per una settimana né per un mese. Se il Pd ritiene utile farsi rappresentare dai tecnici, lo faccia, ma assumendosi la responsabilità della proposta. Senza la rappresentanza del Pd non c’è più una maggioranza e non ci può essere più l’amministrazione. Almeno non quella che dagli elettori ha avuto il mandato di cambiare le cose, non di riprendere pratiche del passato».