E’ stata una grave aritmia a provocare la morte dell’avvocato barlettano Francesco Paolo Casale, avvenuta il 12 aprile 2016 nella palestra FitZone di Barletta. L’uomo si era accasciato al suolo all’interno di uno degli spogliatoi della palestra mentre stava per iniziare uno dei suoi consueti allenamenti pomeridiani. A stabilirlo è stato il gip Rossella Volpe, che ha accolto la richiesta del pubblico ministero Mirella Conticelli archiviando il caso: l’autopsia eseguita dal dottor Antonio De Donno all’istituto di medicina legale del Policlinico di Bari ha evidenziato la presenza di una “grave cardiopatologia ischemica acuta” della quale lo stesso Casale non era a conoscenza.

Una posizione corroborata anche dalle immagini riprese dai circuiti di videosorveglianza: dai filmati, si nota la presenza di Casale per circa 20 minuti nell’area “cardio” della palestra, prima di prendere la via degli spogliatoi. Lì il legale rimase in bagno per circa mezz’ora, segmento temporale nel quale si era manifestato il malore. Tardivi i soccorsi, avvenuti quando le condizioni di Casale erano già compromesse, così come inutili risultarono le manovre di rianimazione cardio-polmonare svolte da alcuni dei presenti in palestra.

I fari della giustizia si erano concentrati anche sull’assenza di un defibrillatore all’interno della struttura, strumento per il quale non vi era però obbligo di dotazione: è maturata così la richiesta di archiviazione delle indagini a carico di Antonio Sgobbo, difeso dall’avvocato Raffele Dibello, all’epoca gestore della palestra, inizialmente iscritto al registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo.