Un cumulo color ebano che osteggia lo sguardo di chi vuole perdersi nell’altrove dell’orizzonte, o di chi passeggia semplicemente sul litorale: il porto di Barletta al momento è nel mirino per un ammasso di materiale nero che si intravvede a occhio nudo, ormai da più di una settimana. Diverse le ipotesi congetturate per cercare di dare una spiegazione, diversi i timori.

Primo fra tutti, come ha spiegato il presidente del circolo cittadino Legambiente Barletta Raffaele Corvasce, quello che la stessa sostanza potesse essere presente anche sul litorale. «Ci siamo preoccupati di verificare sulle spiagge ed effettivamente c’è presenza anche lì di materiale scuro – dichiara Corvasce – per cui abbiamo voluto chiedere informazioni certe ai referenti ma per cause di forza maggiore per il momento non è ancora stato possibile un incontro». Tuttavia alcune analisi preliminari hanno già dato qualche prima risposta, sebbene non definitiva. «I primi prelievi e le prime verifiche sul lungomare – prosegue – hanno rilevato che non si tratterebbe dello stesso materiale accumulato nel porto e che magari, a causa del vento, si è riversato in mare e poi spiaggiato. Noi prenderemo per buone solo le notizie ufficiali, che arriveranno a breve, in quanto sono già partiti i controlli del caso».

Ma allora di cosa si tratta? Cos’è quella montagna scura “sullo sfondo”? Ancora insistenti sono i dubbi, tante le ipotesi e per il momento nessuna conferma. «Si è parlato di stoccaggio sul piazzale – conclude il presidente di Legambiente – e quindi di eventuale obbligo di coprire il cumulo di materiale. Ho letto che si parla di silicato di ferro, quindi è necessario capire se quest’ultimo rientra nei materiali che richiedono obbligo di copertura su piazzale o se è così duro da non averne esigenza di legge, bisogna vedere se le dimensioni sono tali da consentire lo stoccaggio su piazzale senza ulteriori misure di sicurezza o se supera i parametri per i quali diventa obbligatoria la copertura del cumulo. Per questo non ci siamo ancora esposti: volevamo e vogliamo avere dati oggettivi di legge. Le autorità del porto tuttavia stanno procedendo con le verifiche».

 

A cura di Carol Serafino